Roma, 2 nov. (LaPresse) – “È fisiologico che quando in un processo non ci sia prova della responsabilità degli imputati oltre ogni ragionevole dubbio, si assolva. Lo dicevano anche i latini, in dubbio pro reo”. Lo dice, intervistato da Repubblica, Luciano Panzani da un mese il presidente della Corte d’Appello di Roma, all’indomani della sentenza di assoluzione per tutti gli imputati del caso Cucchi. La vicenda, spiega, “poteva essere ricostruita in modo diverso” e quindi “c’era un certo grado di opinabilità”. Per questo, “nessuna gogna mediatica e nessun invito a ‘far pagare i magistrati per i loro errori’ se non vogliamo rischiare di perdere noi tutti molto di più di quanto già si sia perso in questa triste vicenda”.

Per Panzani, però, c’è una certezza: “quel ragazzo non è morto di morte naturale” ma “ad oggi non ci sono responsabili per l’accaduto”. “Condannare persone di cui non si ritiene provata la responsabilità – precisa – vorrebbe dire aggiungere orrore all’obbrobrio di una morte ingiusta. Capisco che possa creare sconforto ma queste sono le regole del gioco”.

Lo Stato, dice Panzani “deve farsi carico” della morte di Stefano Cucchi, perché il carcere è un luogo “di pena, ma anche di garanzia per i detenuti”, mentre per la vittima “non è stato così”.

© Copyright LaPresse - Riproduzione Riservata