Roma, 9 lug. (LaPresse) – L’esplosione della fabbrica di fuochi d’artificio in provincia de L’Aquila, dove al momento il bilancio è di 1 morto e 3 dispersi, richiama alla mente il tragico incidente avvenuto ad Arpino, in Ciociaria, il 12 settembre del 2011. Intorno alle 16, anche qui lo stabile era situato in una collinetta, lontano dai centri abitati, una potente esplosione venne avvertita anche a 40 chilometri di distanza. Morirono sei persona, tra cui il titolare dell’azienda: il 70enne, Claudio Cancelli, proveniente da una famiglia di grandi tradizioni nel campo dei fuochi d’artificio, perse le vita insieme ai due figli Gianni e Giuseppe, rispettivamente di 42 e 45 anni. Claudio era sopravvissuto ad un altro scoppio avvenuto in una delle sue numerose fabbriche in provincia dell’Aquila circa 15 anni fa. In quel caso persero la vita tre suoi nipoti, figli del fratello Donato, e due operai. Nel giro di un’ora, in quel lembo di terra, avvennero tre esplosioni. Celere fu il lavoro dei vigili del fuoco per evitarne delle altre, anche se non si riuscirono a salvare le vite.
Una tragica fatalità, un destino beffardo volle che l’esplosione fosse avvenuta alle 14.53, lo stesso orario dell’esplosione dell’altra fabbrica dei Cancelli in provincia de L’Aquila dove in passato morirono il cugino e i nipoti di Claudio, il titolare. Nel giro di 24 ore si scoprì che la causa fu l’errore umano: uno sbaglio nella miscelazione delle polveri pirotecniche con la quali si costruisce il ‘botto’. “Questo tipo di lavoro – disse il direttore dell’antincendio dei vigili del fuoco di Frosinone, Aldo Antonietti- è ad alto rischio. Basta nulla per creare un’esplosione”. Il pericolo vero nel confezionamento dei ‘botti’ si cela durante la preparazione del fuoco e non certo quando il botto è già confezionato e con la miccia. Ed è da lì che ora, chi indaga a Pescara- partirà per capire la dinamica. Il 25 luglio del 2013, ivece, ci fu un’altra esplosione in una fabbrica a Pescara: in quel caso il bilancio fu di un morto, 3 dispersi e 8 feriti.
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