Strasburgo (Francia), 3 set. (LaPresse) – La Corte europea dei diritti dell’uomo ha condannato l’Italia a pagare l’indennità integrativa speciale prevista dalla legge 210/1992 a tutte le persone infettate da trasfusioni di sangue o da emoderivati. Il caso era stato sollevato in Europa da 162 malati che hanno fatto ricorso perché era stato negato loro il sussidio. Per Strasburgo il governo, con il decreto legge numero 78/2010, ha violato i diritti delle persone infettate imponendo loro “un onere eccessivo e anomalo”. Il decreto, infatti, blocca l’adeguamento al tasso di inflazione dell’assegno integrativo ma questo provvedimento è stato dichiarato incostituzionale dalla Consulta in quanto contrario al principio di uguaglianza sancito dall’articolo 3 della Costituzione, perché discrimina i pazienti con epatite dagli altri. Infatti per loro non è previsto l’adeguamento per altre patologie sì. Nonostante il pronunciamento della Consulta, ha spiegato la Corte europea, nessuno dei ricorrenti ha ottenuto il beneficio. Da qui la condanna per l’Italia.

“Lo Stato si comporta come un imbroglione di strada. Il problema è che sono in tanti ad aver subito gli stessi danni quindi l’intento del decreto era quello di ridurre il numero dei benefici. Non è la prima volta che Strasburgo condanna per questo l’Italia”, commenta Andrea Buzzi, presidente della Fondazione Paracelso Onlus che si occupa di sostenere gli emofilici. “Si cercano trucchetti – aggiunge – per evitare di estendere a tutti quelli che ne avrebbero diritto, l’indennità integrativa. Ci sono centinaia di cause vinte e lo Stato, sapendo di sbagliare, non si oppone nemmeno. Poi alla fine la collettività è costretta a pagare ancora di più per le multe europee”. “La prima volta che il nostro Paese fu condannato a Strasburgo – conclude Buzzi – fu nel 1996 quando la Corte impose di risarcire un cospicuo numero di malati che nel ’93 avevano presentato ricorso e non c’era ancora stato il processo, nemmeno in primo grado. Quindi la motivazione furono i tempi troppo lunghi della giustizia ma l’Europa stabilì un pagamento di 60 milioni di lire per ciascuna persona che si potevano evitare se tutto avesse funzionato come un Paese normale”.

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