Città del Vaticano, 29 giu. (LaPresse) – C’è un legame tra l’arresto di monsignor Nunzio Scarano e il ‘nuovo corso’ della Santa Sede sotto la guida di Papa Francesco? L’interrogativo, all’apparenza un po’ provocatorio e non del tutto congruo rispetto alla vicenda che coinvolge l’ex responsabile della ‘contabilità analitica’ dell’Amministrazione del patrimonio della Sede Apostolica, in realtà suscita interesse (e anche più di una risposta affermativa) negli ambienti vaticani più attenti a ragionare sul significato che, per l’immagine complessiva della Chiesa, assumono fatti come la clamorosa inchiesta avviata dalla procura di Roma. E sempre tra quegli stessi interlocutori, si fa notare come il caso di monsignor Scarano debba essere ‘letto’ in queste ore assieme a un’altra recente vicenda che ha coinvolto la Santa Sede: quello della denuncia di una vera e propria organizzazione che reclutava giovani e anche minorenni per farli partecipare a ‘festini’ con alcuni prelati e sacerdoti romani.

Due episodi, quello dell’arresto di Scarano e quello della denuncia sui presunti sacerdoti pedofili, che confermano – si spiega Oltretevere – la ‘linea della fermezza’ del nuovo pontefice sui possibili scandali legati alle vicende finanziarie o a quelle sessuali e che infine, secondo alcuni interlocutori, sarebbero addirittura la conferma che dietro la rinuncia di Bendetto XVI vi sarebbe stata anche la consapevolezza che era necessaria una nuova guida capace di imporre comportamenti netti e decisi su problemi che lo stesso Papa Ratzinger aveva avvistato e denunciato. “Ratzinger non riusciva più a ottenere obbedienza, anche se era consapevole e informato su tutto – è il ragionamento che accompagnano queste analisi – ma non riusciva più a tenere con forza il timone della Chiesa e, in particolare, a imporre la propria volontà. Adesso, Papa Francesco è venuto anche per ripristinare quell’obbedienza e ci sta riuscendo. Il caso Scarano e quello della denuncia sulla pedofilia, ma soprattutto il comportamento tenuto in entrambe le vicende dalla Santa Sede, sono un segnale preciso ruipetto al quale non sarà più possibile tornare indietro”.

Ma su che cosa si basa questa riflessione? Andiamo con ordine. E’ di pochi giorni fa, infatti, la notizia che un ex sacerdote romano, don Patrizio Poggi, 46 anni (già condannato a cinque anni di carcere per reati sessuali), si era presentato al vice ambasciatore vaticano in Italia, Monsignor Luca Lo Russo (è il vice – nella Nunziatura apostolica in Italia – di monsignor Adriano Bernardini, già nunzio in Argentina per 10 anni quando Papa Bergoglio era arcivescovo di Buenos Aires) accompagnato da altre due persone per esporre clamorose rivelazioni riguardanti – tra gli altri – anche alcuni prelati già collaboratori di importanti vertici vaticani. In quell’occasione, il comportanento di monsignor Lorusso e le indicazioni della Santa Sede sono stati molto precisi: non cercare in alcun modo di capire anche solo perchè e a quale scopo Poggi e i suoi accompagnatori si fossero presentati al vice nunzio, ma avvertire invece immediatamente le autorità italiane perché fossero loro ad accertare tutta la verità. Poggi, infatti, è stato poi indirizzato ai carabinieri che hanno raccolto la sua versione, mentre lo stesso Lorusso ha controfirmato il testo nel quale sono stati ricostruiti i contatti con Poggi e i comportamenti dell’ex sacerdote e delle due persone che lo avevano accompagnato nell’incontro con il vice nunzio.

Altrettanta precisione e nettezza di comportamenti, si spiega ancora in Vaticano, la si può riscontare ora anche nella vicenda Scarano. Il prelato, infatti, era stato già sospeso un mese fa dalla sue funzioni per iniziativa del presidente dell’Amministrazione del patrimonio della Sede Apostolica, monsignor Domenico Calcagno, quando il sacerdote arrestato questa mattina era stato indagato dalla procura di Salerno per riciclaggio. Nei confronti dello stesso Scarano, infine, il Vaticano non si è avvalso di quelle norme dei Patti Lateranensi del 1929 (sono ancora in vigore anche dopo la revisione del 1984 e furono invece usate nel caso di monsignor Paul Marcinkus) che prevedono, perché sia possibile l’arresto di chi riveste funzioni nella Santa Sede, un formale ‘via libera’ vaticano. Una chiarezza, soprattutto sulle vicende finanziarie e dello Ior, che nasce dalle riforme normative volute proprio da Benedetto XVI e che adesso, si sottolinea negli ambienti vaticani, sotto il pontificato di Papa Francesco ha trovato la forza definitiva perché tali contrasti e tali scandali siano risolti affidandole alle autorità competenti: quelle della giustizia italiana.

E a riprova di questa analisi, in Vaticano si sottolinea l’esito della denuncia di Poggi, arrestato oggi per calunnia sulla vicenda dei presunti ‘preti pedofili’. “Forse, in altri tempi – si spiega – Poggi avrebbe davvero potuto sperare, una volta contatatte alcune fonti vaticane, che un suo eventuale silenzio su quei fatti potesse ottenere in cambio qualche riconoscimento, magari a cominciare dalla revoca di quella riduzione allo stato laicale che lo aveva colpito dopo la sua condanna a cinque anni di carcere per reati sessuali. Invece, la decisione immediata del vice nunzio Lo Russo di fare in modo che tutto fosse affidato alle indagini dei carabinieri pare indicare una volontà assoluta di trasparenza. Un gesto che non può non essere dovuto anche a un clima generale e condiviso in Vaticano”. Insomma, si conclude, “là dove Ratzinger non riusciva più a ottenere obbedienza in nome della virtù, Bergoglio la ottiene in nome della legge”.

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