Roma, 20 mar. (LaPresse) – E’ morto questa mattina all’ospedale San Giovanni di Roma il capo della polizia Antonio Manganelli. Era stato ricoverato il 24 di febbraio per l’asportazione di un edema celebrale. Ieri le sue condizioni sono peggiorate. Manganelli non aveva mai lasciato il reparto di rianimazione. Nato ad Avellino 62 anni fa era al vertice del Dipartimento di pubblica sicurezza dal 25 giugno 2007. Come capo della polizia era succeduto a Gianni De Gennaro di cui era stato il vice. Negli anni ottanta quando prestava servizio al Nucleo Anticrimine della polizia ha collaborato a lungo con Giovanni Falcone
Aprirà domani, alle 14, la camera ardente presso la scuola superiore della polizia di Stato in via Pier della Francesca. Non è ancora stata stabilita, invece, la data del funerale di Manganelli che, secondo quanto si apprende, potrebbe essere celebrato tra venerdì e sabato.
Con la morte di Manganelli, l’incarico di capo della polizia è affidato al suo vicario Alessandro Marangoni. Lo rende noto il Ministero dell’Interno sul suo sito. “Ricoverato d’urgenza il 24 febbraio all’Ospedale San Giovanni – ricorda il Viminale – aveva subito un delicato intervento per l’asportazione di un edema cerebrale e da allora non aveva più lasciato il reparto di rianimazione. Manganelli aveva combattuto con forza anche contro un tumore che lo aveva colpito due anni fa e che aveva curato ricorrendo a terapie negli Stati Uniti d`America, senza però interrompere le attività istituzionali”.
Subito dopo la notizia del decesso, le massime cariche dello Stato hanno mostrato il loro cordoglio e la loro vicinanza ai familiari. A quanto si apprende, il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, appena appresa la triste notizia della scomparsa del Capo della Polizia Antonio Manganelli, si è messo in contatto con il ministro dell’Interno, Annamaria Cancellieri, chiedendole di rappresentare prontamente alla famiglia del Prefetto i suoi sentimenti di solidarietà e all’intera amministrazione della Pubblica Sicurezza il suo partecipe cordoglio.
La Cancellieri ha scritto una lunga lettera nella quale ricorda un uomo che lei definisce “un numero uno”. “Conoscevo Antonio Manganelli da tempo – racconta la Cancellieri – e negli anni, da lontano, avevo avuto modo di apprezzare le sue qualità di uomo e di ottimo capo della polizia. Ma i 16 mesi che abbiamo passato gomito a gomito, sullo stesso piano del Palazzo del Viminale, molto spesso con gli stessi problemi da risolvere mi consentono di dire che Antonio era molto di più e molto meglio. Purtroppo questi 16 mesi fanno sì che il mio dolore sia ancora più forte e il vuoto ancora più grande. E capisco quale possa essere il senso di sgomento che la sua perdita lascia in chi gli é stato vicino per una vita come la moglie Adriana e la figlia Emanuela o in chi abbia avuto la fortuna di lavorare con lui anni e anni come i suoi collaboratori ai vertici della Polizia che voglio idealmente abbracciare”. “Antonio é stato prima un valente investigatore – prosegue ancora nella nota il ministro dell’Interno – poi un lungimirante, appassionato, generoso ed efficiente capo della polizia. Queste sue doti hanno fatto di lui un leader ed é per questo che oggi dai suoi più stretti collaboratori fino all’ultimo agente tutti lo piangano con immenso dolore”. “E’ stato d’esempio per tutti noi per il coraggio, la forza e l’orgoglio con cui ha affrontato il lungo calvario della malattia che lo ha portato a lasciarci”. “Personalmente – conclude Cancellieri – gli sono debitrice per la leale collaborazione che mi ha dato e per il grandissimo e disinteressato aiuto che mi ha offerto in questo lavoro che per me era assolutamente nuovo. Ma é lo Stato italiano ad essere debitore nei confronti di Antonio Manganelli. È lo Stato italiano che oggi lo piange e domani lo saprà onorare degnamente”.
“A nome mio personale e di tutti i colleghi senatori, esprimo profondo cordoglio per la scomparsa di Antonio Manganelli, al quale mi hanno legato affetto e amicizia per tanta parte della mia vita. Attraverso la sua carriera, giunta fino al massimo grado, e il suo incessante e proficuo impegno ha saputo mostrare, con serena semplicità, il significato del senso del dovere, della responsabilità e della lealtà nei confronti degli uomini da lui diretti”. Così il Presidente del Senato, Pietro Grasso ricorda quello che è stato un collaboratore e un amico. “Per me – aggiunge Grasso – è scomparso oggi non solo un eccezionale servitore dello Stato, ma anche un amico e una persona con la quale ho avuto modo di collaborare più volte nel corso della mia carriera all’interno della Magistratura, sempre apprezzandone le doti non comuni di investigatore e di uomo delle istituzioni”. “Fu Manganelli – ricorda il presidente Grasso – ad accompagnare Tommaso Buscetta in aula, nel corso del maxiprocesso a Cosa Nostra dove ero giudice a latere. Lo incontrai di nuovo, all’inizio degli anni Novanta, da componente della Commissione Centrale per i programmi di protezione nei confronti di testimoni e collaboratori di giustizia, nella sua veste di Direttore del Servizio Centrale di Protezione. Quando poi fui chiamato a ricoprire il ruolo di Procuratore della Repubblica a Palermo lo ritrovai come Questore del capoluogo siciliano, poi importante punto di riferimento investigativo quando fu nominato alla Criminalpol”. “Infine – ricorda Grasso – da Procuratore nazionale antimafia ho avuto modo di collaborare quasi quotidianamente con Manganelli che, nel frattempo, era stato designato dapprima al vertice del Dipartimento della pubblica sicurezza, quindi all’incarico di Capo della polizia. Incarico che ha degnamente concluso una straordinaria carriera spesa al servizio dello Stato, a protezione dei cittadini onesti e nel contrasto a tutte le forme di criminalità”. “Alla moglie Adriana, alla figlia e a tutti i familiari – conclude il presidente del Senato – va tutto il mio affetto e la mia vicinanza”.
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