Secondo la rivista eBioMedicine potrebbe prevedere chi ha maggiori probabilità di soffrire di sintomi persistenti

Grazie ad un esame del sangue eseguito al momento dell’infezione da Sars-CoV-2, sarebbe possibile prevedere la sindrome da Long Covid. È emerso da uno studio pubblicato su eBioMedicine, rivista medica del gruppo The Lancet. “L’infezione non grave da Sars-CoV-2 perturba il proteoma plasmatico per almeno sei settimane dopo il primo test PCR positivo. Le firme della proteomica plasmatica tengono traccia della gravità dei sintomi e della risposta anticorpale e hanno il potenziale per identificare gli individui che hanno maggiori probabilità di soffrire di sintomi persistenti”, si legge nello studio.

L’analisi medica

L’analisi è stata condotta su 54 operatori sanitari (44% maschi) che presentavano PCR o infezione confermata da anticorpi, mentre i restanti 102 (38% maschi) fungevano da controlli non infetti. Lo studio spiega che “dopo la prima infezione confermata da Sars-CoV-2, la perturbazione del proteoma plasmatico continua a persistere per un massimo di sei settimane, monitorando la gravità dei sintomi e le risposte anticorpali. Le proteine differenzialmente abbondanti erano per lo più coordinate attorno alle vie metaboliche dei lipidi, dell’aterosclerosi e del colesterolo, delle cascate del complemento e della coagulazione, dell’autofagia e della funzione lisosomiale. Il profilo proteomico al momento della sieroconversione è associato a sintomi persistenti fino a 12 mesi. I dati sono disponibili tramite ProteomeXchange con identificatore PXD036590”. 

© Copyright LaPresse - Riproduzione Riservata