Era nata all’improvviso, con un comunicato pubblicato nella tarda mattinata del 4 maggio 2021, ed è finita allo stesso modo con una nota apparsa sul sito del club il 16 gennaio 2024. La storia tra la Roma e José Mourinho è durata due anni e sette mesi: in mezzo l’amore dei tifosi, che sin dall’inizio hanno accolto con entusiasmo e trasporto l’allenatore di Setubal capace di regalargli un trofeo europeo che mancava da oltre 60 anni, un andamento in campionato tutt’altro che da top club, e il sogno infranto a Budapest con la finale di Europa League persa ai rigori con il Siviglia.
La prima stagione di Mou in giallorosso: un trofeo europeo dopo 60 anni
Il debutto dello Special One sulla panchina della Roma avviene il 19 agosto del 2021 nel match che dà il via alla cavalcata giallorossa che porterà alla vittoria della Conference League il 25 maggio 2021 a Tirana contro il Feyenoord. Un ritorno in Italia, per Mou, che torna a sedersi in panchina nella massima serie del campionato italiano il 22 agosto contro la Fiorentina: un successo casalingo per 3-1. Meno di un mese dopo, il 12 settembre, Josè colleziona la sua millesima panchina in carriera, traguardo festeggiato con un altro successo (2-1 contro il Sassuolo).
La prima stagione in giallorosso dell’allenatore portoghese è carattarizzata da un andamento in campionato altalenante (chiuso al sesto posto) e dall’eliminazione ai quarti di Coppa Italia contro l’Inter, costanti queste che si manterranno anche nella seconda e in questa prima parte della terza stagione. L’andamento europeo in Conference è, invece, lineare fino alla conquista del trofeo. Per la Roma si tratta della prima vittoria in una competizione UEFA, a circa quattordici anni dall’ultimo trofeo vinto dal club (la Coppa Italia alzata nel 2008 contro l’Inter). Mourinho diventa il primo tecnico a vincere tutte e tre le principali competizioni UEFA. Da segnalare, in questa prima stagione, il primo e unico derby vinto da Mou (4 sconfitte, un pareggio e una vittoria nei sei match disputati contro i biancocelesti): il 20 marzo 2022 la Roma batte la Lazio con un netto 3-0.
La seconda stagione, l’arrivo di Dybala e il sogno infranto a Budapest
Dopo il trofeo alzato al cielo di Tirana, Mourinho inizia la sua seconda stagione romanista con l’acquisto di Dybala. L’argentino fa sognare i tifosi che lo accolgono in migliaia nella presentazione show all’Eur. La stagione inizia sulla falsa riga della precedente, l’andamento in campionato continua a essere incostante e porta la Roma a bissare il sesto posto dell’anno prima. Idem in Coppa Italia dove viene eliminata nuovamente ai quarti di finale dalla Cremonese. L’Europa è quella che regala le maggiori soddisfazioni alla banda Mou. Dopo il passaggio del girone in Europa League come seconda, la Roma affronta e batte gli austriaci del Salisburgo nello spareggio. Poi mette in fila Real Sociedad, Feyenoord e Leverkusen, eliminate rispettivamente agli ottavi, ai quarti e in semifinale. A fermare il sogno di un secondo trofeo europeo consecutivo ci pensa il Siviglia, aiutato da un arbitraggio rivedibile dell’inglese Taylor. Gli spagnoli vincono 4-1 ai rigori dopo l’1-1 al termine dei supplementari. Una sconfitta che brucia nel cuore dei 30mila giallorossi accorsi a Budapest e che non va giù nemmeno al portoghese che accusa l’arbitro in conferenza stampa prima e lo insulta poi nella pancia dello stadio: “Fucking disgrace, fucking disgrace”, tuona Josè al fischietto inglese. Un comportamento pagato con quattro giornate di squalifica.
La guerra agli arbitri
Il rapporto di Mourinho con gli arbitri, in questa sua avventura romanista, è stato tutt’altro che idilliaco. Una guerra, quella alla classe arbitrale, che ha visto Josè scontrarsi sia in Italia che in Europa. Il caso Taylor è stato infatti solo la punta di un iceberg che ha visto il tecnico portoghese farsi sventolare in faccia ben sette cartellini rossi nella nostra Serie A: 16 le partite saltate per squalifica. L’ultimo rosso contro l’Atalanta che ha costretto Mourinho a saltare la sfida, fatale, contro il Milan.
L’amore dei tifosi, l’Olimpico sempre sold out
Dal primo giorno in giallorosso Mourinho è stato capace di creare un rapporto unico con l’ambiente, esaltato dagli eccessi di un uomo che ha fatto della comunicazione un suo marchio di fabbrica. I sold out dell’Olimpico sono esemplificativi dell’amore che il tifo giallorosso gli ha tributato dal primo giorno. Non importa la partita, non importa l’orario, non importa l’avversario: lo stadio è sempre pieno da due anni e mezzo. Una dimostrazione che Josè non dà per scontata e, anzi, non perde occasione di esaltare.
Dalle voci di rinnovo all’esonero
Gli alti comunicativi dello Special One, capace di rendere le conferenze stampa momenti iconici per addetti e tifosi, non sono però abbastanza per compensare dei risultati tutt’altro che brillanti: tolto il successo europeo del primo anno, la media in campionato, su 96 panchine, parla di 1,61 punti: la più bassa tra gli allenatori con almeno 50 gare alla guida dei giallorossi nell’era dei tre punti a vittoria (inferiore anche a quella del secondo Zeman e di Andreazzoli).
Impietoso lo score nell’ultimo mese: una sola vittoria in campionato nelle ultime cinque gare che hanno fatto scivolare i giallorossi al nono posto in classifica. A questi si aggiunge la cocente sconfitta in Coppa Italia contro la Lazio e uno score nei big match da impallidire: solo una vittoria in dieci partite negli scontri diretti. Eppure a metà dicembre erano diverse le voci di un rinnovo incentivate, anche, dalle estarnazioni dello stesso Mou che dopo la sconfitta di Bologna era uscito allo scoperto: “Io voglio restare alla Roma, se non accadrà non sarà per una mia decisione”, aveva detto Mou. Un assist che la proprietà non aveva colto (o non aveva voluto cogliere) preferendo aspettare e decidere sulla base dei risultati.
Un insieme di cose che ha evidentemente pesato nel rapporto con l’enigmatica proprietà americana che ha invece fatto del silenzio il proprio mantra e che, alla lunga, non ha apprezzato la strategia divisiva di Mou del “noi contro tutti”. Non a caso è stato proprio il presidente Dan Friedkin a voler chiudere di persona il rapporto con l’allenatore: un volo improvviso per comunicare l’addio al portoghese. Un gesto dovuto per rispetto del personaggio e dell’allenatore che, curriculum alla mano, resta uno dei più vincenti della storia del calcio.