Il Bologna non fallì per colpa di Calciopoli. Senza la condotta fraudolenta dell'ex presidente, il club rossoblu non avrebbe potuto iscriversi al campionato. Lo sfogo dell'ex ad del club umbro

Altro che per colpa di Moggi, Giraudo e di Calciopoli. Il Bologna di Giuseppe Gazzoni Frascara è fallito perché l'oggi 82enne imprenditore emiliano aveva nascosto un buco da 35 milioni di euro per iscrivere la squadra al campionato di Serie A nella stagione 2004/2005. Nei giorni scorsi la Corte d'Appello di Bologna ha condannato Gazzoni Frascara, l'ex socio Mario Bandiera, i commercialisti Massimo Garuti e Matteo Tamburini per il fallimento della Victoria 2000, società che controllava il Bologna calcio prima della retrocessione in B.

Totalmente respinte la tesi della difesa secondo cui furono le vicissitudini legate a Calciopoli a causare la retrocessione e il dissesto del club rossoblu. Pertanto senza la condotta fraudolenta di Gazzoni quel Bologna non avrebbe potuto iscriversi al campionato, di fatto togliendo spazio a società che invece avrebbero avuto titolo e che proprio per la mancata partecipazione alla Serie A hanno successivamente pagato un prezzo salatissimo. È il caso del Perugia della famiglia Gaucci, ad esempio, che al termine della stagione 2003/2004 venne retrocessa in Serie B dopo un drammatico spareggio contro la Fiorentina proveniente dalla cadetteria. È stato l'unico caso nella storia moderna del calcio italiano di uno spareggio interdivisionale, ma i grifoni sarebbero stati quasi certamente ripescati in Serie A senza l'iscrizione del Bologna che non ne aveva i requisiti.

"Resta una ferita che fa parte del passato e che fa parte della storia del nostro calcio", ha raccontato a LaPresse Alessandro Gaucci, che all'epoca era l'amministratore delegato del club umbro. "Senza quella retrocessione oggi quel Perugia esisterebbe ancora, perchè era una delle squadre gestite meglio a livello economico e con un patrimonio di giocatori dal valore di oltre 100 milioni di euro", ha aggiunto. Anche a distanza di anni, per Gaucci Jr è dura da accettare che la condotta illegale di una e più società abbiano avuto conseguenze sull'esistenza di chi invece era in regola, almeno fino a quel momento, con le regole per l'iscrizione al campionato. "I soliti magheggi del calcio italiano. Mi fanno male, perchè in quegli anni abbiamo fatto cose importanti con il Perugia", ha detto ancora Gaucci.

La retrocessione in B del Perugia fu l'inizio della fine dell'epoca d'oro sotto la gestione Gaucci. Personaggio sui generis, ma grande intenditore di calcio: in quegli anni hanno vestito la maglia del grifone gente come Rino Gattuso, Marco Materazzi e Fabio Grosso che sono diventati poi campioni del Mondo nel 2006, Eusebio Di Francesco oggi stimato allenatore della Roma. Ma Gaucci fu anche quello che aprì la Serie A al mercato dell'Estremo Oriente con gli acquisti del coreano Ahn e del giapponese Nakata.

La retrocessione, i mancati introiti garantiti dalla Serie A, portarono nel giro di pochi mesi il Perugia alla bancarotta e alla mancata iscrizione al campionato di Serie B 2005/2006. "All'epoca c'erano tante squadre che non avrebbero potuto iscriversi, basta ricordare anche i casi del Parma che aveva 300 milioni di debiti. Ma anche le stesse Roma e Lazio. Noi avevamo 35 milioni di debiti con l'Agenzia delle Entrate, chiedemmo una rateizzazione che non ci fu concessa come accadde invece alla Lazio", ha concluso con amarezza Gaucci Jr. Con i se e i ma non si fa la storia, ma certamente senza l'irregolare iscrizione di quel Bologna chissà che le cose per quel Perugia sarebbero andate in maniera diversa…

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