La scodella sul tavolo il ministro della Transizione ecologica Roberto Cingolani in audizione alle commissioni Ambiente del Parlamento parlando della proposta di Piano per la transizione ecologica del Paese

Tagliare i sussidi ai fossili, quelli che vengono sostenuti nonostante facciano male all’ambiente, spostando le risorse su sgravi fiscali e investimenti sulle filiere produttive. E’ soltanto un’ipotesi allo studio, una delle tante, per la riduzione dei Sussidi ambientalmente dannosi (i Sad), e per una loro “distribuzione intelligente” magari per alleggerire il costo del lavoro. La scodella sul tavolo il ministro della Transizione ecologica Roberto Cingolani in audizione alle commissioni Ambiente del Parlamento parlando della proposta di Piano per la transizione ecologica del Paese. A questo si affianca, in un frangente storico caratterizzato dall’impennata dei prezzi dell’energia, anche una riflessione: servirebbe avere più gas italiano per riuscire ad abbattere la corsa verso l’alto delle bollette. Anche in questo – è il ragionamento del ministro – con quello che si recupera si possono effettuare investimenti sul percorso di decarbonizzazione dell’economia e sugli altri aspetti della transizione ecologica, stando attenti a mantenere la “stabilità” sociale.

Per Cingolani “il messaggio principale che noi stiamo cercando di attuare è lo sviluppo di una strategia integrata che ci deve portare alla decarbonizzazione”. Un’azione che “si poggia su tre pilastri per i prossimi cinque anni”: riduzione diretta emissioni industrie e trasporti, riduzione indiretta (economia circolare), riduzione passiva che riguarda tutto ciò che passa per il ripristino degli ecosistemi. Un punto è “inderogabile”, ed è quello legato al necessario e “formidabile incremento” delle energie rinnovabili che devono arrivare a oltre il 70% entro il 2030 (70 Gigawatt): soltanto raggiungendo questo obiettivo – altrimenti “abbiamo scherzato” – si potrà infatti “far partire il resto, come le iniziative sulla mobilità e l’idrogeno verde”. Una sfida vera e propria che ha di fronte due elementi di cui tener conto: il primo è il nuovo e ambizioso pacchetto Ue clima e energia, il Fit for 55 (un dibattito che “riteniamo debba completarsi per la fine del prossimo anno”); il secondo, da superare, è il blocco degli impianti da parte delle sovrintendenze che al momento fermano 3 miliardi di watt di eolico e solare (sul punto è stato chiesto di portare la decisione in consiglio dei ministri). In questo quadro l’annuncio del completamento del Piano nazionale integrato energia e clima (Pniec) dovrebbe aiutare.

Il capitolo del taglio ai sussidi ai fossili. “Cancellarli non è più negoziabile”, afferma facendo presente che è qualcosa da fare nei prossimi 10 mesi: si sta lavorando in ambito Cite (il Comitato interministeriale sulla transizione ecologica); si stanno valutando varie soluzioni “intelligenti di distribuzione”, ma la discussione si concentra al momento principalmente sull’evitare i costi sociali per le categorie coinvolte, dando comunque allo stesso tempo “un segnale non ambiguo sul fatto che vadano rimossi”. Si possono ipotizzare sgravi fiscali: per esempio “se riduciamo i Sad di supporto a certi carburanti fossili potrebbero esserci compensazioni con uno sgravio fiscale per gli autotrasportatori”, come potrebbe esserci “un abbassamento del costo lavoro”. Mentre è a uno stadio meno profondo l’analisi della situazione del prezzo dell’energia e in particolare del gas, anche perché in vista c’è la necessità di un coordinamento europeo (il prossimo vertice è previsto per il 26 ottobre). “Ci aspettiamo ulteriori aumenti – rileva – perché la curva non cala per il momento”. Ma avverte: “Se entra il North stream” il prezzo “calerà a marzo”. Eppure c’è un risvolto almeno sul fatto che dovremmo essere più o meno al sicuro, dal momento che “abbiamo un buon stoccaggio, all’80% di riserve”. A questo potremmo aggiungere che “se potessimo avere una percentuale di gas in più da giacimenti italiani, quelli che già ci sono e non di nuovi, noi pagheremmo di meno” in bolletta; affinché questo possa avere un senso però Cingolani pensa che bisognerebbe non consumare più energia ma aumentare quella che arriva dal gas italiano, in modo tale che “i soldi risparmiati” potrebbero essere “investiti nella mitigazione delle bollette”.

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