Intanto i genitori continuano a lottare per portare il bimbo a casa e lasciarlo morire nella sua culla
Chris Gard e Connie Yates, genitori di Charlie, sono ancora in disputa con l'ospedale Great Ormond Street di Londra per portare il bimbo a casa e lasciarlo morire nella sua culla. Al giudice sarà ora chiesto di decidere, in una nuova udienza, dove staccare i macchinari che tengono in vita il piccolo di 11 mesi, affetto da depressione di Dna mitocondriale, malattia genetica estremamente rara.
"Abbiamo fatto tutto quello che potevamo per rispondere all'appello della famiglia e cercare di dare un'opportunità di cura al piccolo Charlie", spiega intanto l'ospedale pediatrico della Santa Sede Bambin Gesù in una nota. "Confermiamo che la terapia sperimentale con deossinucleotidi poteva essere un'opportunità per Charlie e potrà esserlo in futuro per tutti i malati rari con la stessa patologia o con patologie simili. Purtroppo alla luce della valutazione clinica congiunta effettuata sul posto dal nostro ricercatore e medico Enrico Silvio Bertini, insieme con il professore di neurologia della Columbia University Michio Hirano, è emersa l'impossibilità di avviare il piano terapeutico sperimentale, a causa delle condizioni gravemente compromesse del tessuto muscolare del piccolo Charlie".
"Abbiamo purtroppo constatato di essere arrivati forse troppo tardi. Ma abbiamo fatto tutto ciò che la mamma di Charlie ci aveva chiesto di fare". "Un risultato lo abbiamo raggiunto: la spina non è stata staccata senza avere prima risposto a una legittima richiesta di cura da parte dei genitori è verificato fino in fondo le condizioni del bambino".
"Un secondo risultato: un confronto congiunto internazionale approfondito sia sul piano scientifico che su quello clinico; un fatto straordinario, un caso emblematico per il futuro delle malattie rare. Per la prima volta su un singolo paziente si è mossa la comunità scientifica internazionale. Questa è la vera eredità del caso Charlie: l'impegno a sviluppare concretamente un modello di medicina personalizzata".
"Staccare la spina a casa o in ospedale è una scelta che non cambia il finale, certo questo ospedale, pur nel rispetto della vita, non avrebbe mai fatto accanimento terapeutico", precisa inoltre la presidente dell'ospedale, Mariella Enoc, in conferenza stampa.
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