“Manuela. La mia esistenza è un tormento. Ho un solo obiettivo, ma non posso svelartelo. Tu però stai scherzando con qualcosa di pericoloso. Io sono una bomba pronta a esplodere”. Gianluca Molinaro, tra il 2021 e il 2024, si rivolgeva così, con toni agghiaccianti, alla sua ex compagna e madre di suo figlio, Manuela Petrangeli, uccisa poi a fucilate a Roma il 4 luglio 2024. Oggi quella frase, insieme a decine di altri messaggi vocali, è stata fatta ascoltare nell’aula della Prima Corte di Assise di Roma, presieduta dal giudice Paola Roia, dove si è celebrata l’udienza del processo per il femminicidio in cui è imputato lo stesso Molinaro. La donna fu uccisa a 51 anni con un colpo di fucile a canne mozze dall’ex compagno che ora deve rispondere di omicidio aggravato dalla premeditazione, stalking, detenzione illegale di armi e ricettazione. Un quadro pesantissimo, emerso dall’inchiesta coordinata dal procuratore aggiunto Giuseppe Cascini.
Ascoltati circa 40 audio: “Con me non ne esci viva”
Durante l’udienza, sono stati ascoltati circa quaranta audio. Voci rabbiose, frasi cariche di rancore e minacce. Una vera e propria sequenza persecutoria, che per oltre due anni ha costretto Manuela a vivere sotto assedio. Il 23 maggio 2022, Molinaro le lascia un messaggio giudicato significativo dalla Procura di Roma: “Ho ore di registrazioni vostre. Dimmi chi è e dove si trova, io questa cosa non la sopporto. Con me non ne esci viva, Manuela. Sto arrivando”. Un crescendo di ossessioni e insinuazioni che sfociano in accuse, umiliazioni e violenza verbale. Nello stesso giorno, un altro messaggio: “Dammi il numero di questo tipo. Mi hai fatto a pezzi, Manuela. Vedrai cosa sono capace di fare. Hai fatto l’errore più grave della tua vita e pagherai il prezzo. È finita. Ti sei scavata la fossa da sola. Non ho più nulla da perdere” – affermava Molinaro in un messaggio alla vittima inviatole il 23 maggio del 2022.
A rispondere, con voce rotta, è la stessa Manuela: “Non c’è nessuno. Sei fuori controllo. Fatti aiutare. Non sopporto più tutto questo, soprattutto davanti al nostro bambino. Vergognati. Ti prego, smettila. Basta minacce. Voglio solo serenità per mio figlio.” Ma ogni tentativo di fermare quell’ondata d’odio cade nel vuoto. Poco dopo, Molinaro insiste con un’altra minaccia: “Avrò la mia vendetta. E sarà terribile.”
In aula, gli avvocati della parte civile, Carlo Testa Piccolomini e Mascia Cerino, hanno messo in evidenza l’importanza dell’ascolto di questi file audio per comprendere la portata del clima di terrore vissuto dalla vittima. “Abbiamo selezionato con cura i messaggi più emblematici – ha spiegato Testa Piccolomini – per mostrare con chiarezza la gravità del comportamento persecutorio. Si tratta di una vera escalation di violenza psicologica, durata due anni e mezzo”.
Gli avvocati della famiglia della vittima: “Manuela spaventata, isolata e impotente”
Secondo la ricostruzione fornita dai legali della famiglia e del figlio minore della vittima, Manuela non ha sporto denuncia per paura: paura di peggiorare la situazione, di esporre il figlio a ulteriori rischi, e forse per un ultimo, disperato tentativo di mantenere la pace. Ma il malessere, hanno sottolineato i legali, era evidente anche fisicamente. I pochi messaggi in cui Manuela riesce a rispondere a tono mostrano tutta la sua esasperazione e la fatica di vivere sotto costante minaccia. “La personalità di Manuela – ha concluso il penalista – emerge con dolore da questi scambi. Era una donna spaventata, isolata, consapevole del pericolo, ma impotente. Le sue parole, oggi, sono una testimonianza viva di ciò che significa essere vittima di stalking. Speriamo che questo processo serva almeno a dare giustizia a lei e a suo figlio.

