Milano, 22 feb. (LaPresse) – La tutela reintegratoria prevista nel Jobs Act si applica tutti i casi di nullità del licenziamento previsti dalla legge, anche se non “espressamente” indicati. Lo ha stabilito la Corte costituzionale, che con la sentenza numero 22 del 202 ha dichiarato l’illegittimità dell’articolo 2, primo comma, del decreto legislativo 4 marzo 2015, n. 23, limitatamente alla parola “espressamente”. Tale disposizione, quindi, è stata ritenuta illegittima nella parte in cui, nel riconoscere la tutela reintegratoria, nei casi di nullità, previsti dalla legge, del licenziamento di lavoratori assunti con contratti a tutele crescenti (quindi a partire dal 7 marzo 2015), l’ha limitata alle nullità sancite “espressamente”. La Corte di Cassazione, nel sollevare la questione, aveva censurato tale limitazione. La Corte Costituzionale ha ritenuto fondata questa censura, osservando che il criterio direttivo “aveva segnato il perimetro della tutela reintegratoria del lavoratore nel posto di lavoro in caso di licenziamento illegittimo, escludendola, in negativo, per i licenziamenti ‘economici’, e prevedendola, in positivo, nei casi di licenziamenti nulli, discriminatori e di specifiche ipotesi di licenziamento disciplinare”.

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