Milano, 29 nov. (LaPresse) – I colloqui della detenuta con i difensori ungheresi avvengono “con la presenza di una guardia” e per sei mesi e mezzo le è stato vietato qualunque contatto, compresi i genitori. Il suo interrogatorio sarebbe avvenuto in assenza di avvocati e di interprete e in carcere in Ungheria – già condannata dalla Corte europea dei diritti dell’uomo per trattamenti inumani e degradanti (come l’Italia) – lo spazio a disposizione in cella per ogni detenuto sarebbe inferiore ai 3,5 metri quadrati. “Alcuni giorni l’ora d’aria è in concomitanza con la doccia quindi capita di saltare l’aria o la doccia”, scrive l’anarchica accusata dalle autorità ungheresi di aver preso parte agli scontri sotto l’egida dell’organizzazione tedesca anarco-rivoluzionaria ‘HammerBand’ di Lipsia (‘Banda del martello’) guidata dalla 28enne Lina Engel e il compagno Johann Guntermann che avrebbero scelto Budapest per “attaccare e assaltare militanti fascisti o di ideologia naziasta” radunati a commemorare la ‘resistenza’ contro i Sovietici nella seconda guerra mondiale. La donna racconta anche di detenuti obbligati a lavorare “a tempo pieno” per 50 euro al mese, mancata retribuzioni per i carcerati stranieri, controllo della corrispondenza e detenuti al guinzaglio. “Qui ti mettono un cinturone di cuoio – scrive – con una fibbia a cui legano le manette”. “Anche i piedi sono legati tra loro” e “intorno alle caviglie mettono due cavigliere di cuoio chiuse da due lucchetti e unite tra loro da una catena lunga circa 25 centimetri”. “legata così – conclude – ho dovuto salire e scendere diversi piani di scale”. Alla donna, il cui processo partirà il 29 gennaio, è stato proposto di patteggiare 11 di pena. La pena massima prevista per il 23enne di cui viene chiesta l’estradizione – accusato di due episodi di violenza nei confronti di neonazisti e hammerskin – è di 16 anni. La Corte d’appello di Milano si esprimerà il 5 dicembre.

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