Il marciatore e il cavaliere alla camera ardente della leggenda del pugilato
“Cosa posso dire… onorava la boxe, la nobile arte, nel modo migliore. Tutti lo rimpiangiamo perché abbiamo vissuto con lui un’epoca con lui che ci ha entusiasmato. Eravamo felici e contenti”. Questo il ricordo di Abdon Pamich che, insieme a Federico Roman, ha reso l’ultimo omaggio a Nino Benvenuti presso la camera ardente organizzata nel salone d’onore del Coni. Roman ricorda quindi un aneddoto personale: “La prima volta che ho sentito parlare di Olimpiadi è stato quando lui ha vinto. Avevo 8 anni e mia mamma a Trieste andava a vederlo combattere in allenamento quando ancora non era famoso. Mai avrei immaginato che l’avrei rivisto, quasi da collega, nell’ambito dello sport. E siamo tutti di quelle parti”, sottolinea il campione di sport equestri, in riferimento alle origini istriane che legano i tre sportivi. “Legati da un passato comune? Beh lui (Pamic, ndr) è un esule, i miei genitori erano esuli dell’Istria, lui (Benvenuti, ndr) era d’Isola d’Istria venuto a Trieste dopo la guerra. Siamo tutti ‘noi di là’, come si dice”. “Come si traduce quel sentimento nel mondo dello sport? La voglia di essere meglio del giorno prima. Non pensare agli altri, non combattere contro gli altri, ma migliorare se stessi”, ribadisce Roman, a cui fa eco Pamic: “Non mi sono mai posto l’obiettivo di battere gli altri, perché contro gli altri non potevo far niente. Cercavo di migliorare me stesso. Poi, per sbaglio, qualcosa ho ottenuto dallo sport”. “Con lo stemma dell’Italia sul petto? Beh, logico”, risponde Pamic, a cui Roman aggiunge: “Con lo stemma dell’Italia e, nel caso di Mosca, anche con quello del Coni, che è stato grande”. Infine, il marciatore ricorda: “Sono stato portabandiera alle Olimpiadi di Monaco, è stata una grande soddisfazione”, conclude.
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