Il presidente Bach a ruota libera sui temi innescati dal ritiro di Angela Carini contro la pugile tunisina
Non saranno stati i 9 secondi e 80 con cui Jacobs vinse l’oro nei 100 metri a Tokyo, ma quei 46 secondi del match di Angela Carini prima del suo ritiro nelle lacrime forse stanno facendo anche più rumore ai Giochi. Mai come in questo momento infatti l’Italia è al centro del dibattito sportivo internazionale, il mondo ci guarda e si domanda.
Il gesto della pugile azzurra ha (ri)aperto una voragine sul tormentato mondo della boxe e del suo rapporto con il mondo olimpico. Sicché, la questione del testosterone dell’algerina Imane Khelif e della taiwanese Lin Yu-Ting, ancora in competizione a Parigi 2024, ha scoperchiato il vaso di Pandora sulla crisi già aperta da tempo tra il Comitato olimpico internazionale e l’International boxing association (Iba), che di tutta risposta al polverone politico e mediatico che si è innescato in tutto il mondo dopo il ritiro dell’azzurra dal ring, ha deciso oggi di stanziare comunque la stessa cifra-premio all’atleta azzurra come se avesse vinto un oro. Centomila dollari così suddivisi: 50 mila all’atleta, 25 mila al tecnico e 25 mila alla federazione.
Una scelta che non è piaciuta al Cio: “La dice lunga sulla credibilità dei responsabili dell’Iba, basta vedere i loro commenti sul Cio e sulla Francia. Non vogliamo dargli alcuna attenzione”, la replica del portavoce del Cio Mark Adams alla conferenza stampa di metà Giochi a Parigi 2024. Quel che colpisce sono le domande della stampa internazionale sul caso Carini-Khelif, perché oltre alla polemica politica esplosa in Italia (che ha portato addirittura la premier Giorgia Meloni ad incontrare il presidente del Cio Thomas Bach), di pari passo la Russia ne ha approfittato per screditare quel Cio che ha bandito la sua bandiera costringendo gli atleti a gareggiare da neutrali e la Iba – che la Khelif aveva squalificato agli ultimi mondiali – sta provando a fare altrettanto per riprendersi quello che il Cio le ha tolto: gli atleti.
Bach non si sottrae a nessuna domanda, ma con la solita diplomazia che lo contraddistingue, l’unico concetto netto che si sente di rimarcare è che “Imane (Khelif, ndr) è una donna che partecipa a una competizione femminile. Il quadro del Cio si basa su basi scientifiche, chiedo a tutti di rispettare queste donne in quanto donne e in quanto esseri umani”. Un concetto che nelle ultime 72 ore l’olimpismo sembrava avesse perso un po’ di vista e che la stessa Angela Carini ha fatto in modo di recuperare al di là della scelta di ritirarsi. “Vorrei citare la pugile italiana che ha detto che queste controversie l’hanno resa triste e si è detta dispiaciuta per la sua avversaria che è qui per combattere. Si è detta pronta ad abbracciarla: questo è lo spirito olimpico“, tiene a sottolineare Bach, per il quale “ci sono atlete che sono nate donne, cresciute come donne, che hanno passaporti da donna e che per molti anni hanno partecipato a manifestazioni sportive come donne. Questo è chiaro, non c’è mai stato alcun dubbio. Alcune persone vogliono appropriarsi della definizione di ‘donna’. Se ci dimostreranno qualche prova scientifica siamo pronti a prenderla in considerazione, ma non parteciperemo ad alcun dibattito politico. Ci sono persone che portano avanti questo discorso di odio e abuso, questo è inaccettabile”.
E riferendosi a Khelif ma anche a Lin Yu-Ting chiarisce: “Entrambe queste donne hanno perso dei match, Imane Khelif è stata invitata anche dalla federazione italiana pugilato ad allenarsi con alcune atlete in Italia. Ogni atleta è donna secondo criteri di idoneità, secondo questa definizione si deve assicurare equità di competizione, basata sulla scienza, ed è l’unica base sulla quale si può arrivare a una decisione. Non si può arrivare a una definizione con un semplice sondaggio sui social: ‘E’ donna o no?’. Ci sono persone che pensano di avere diritto di opinione”, conclude Bach. Non c’è dubbio, poi, che in vista delle prossime elezioni al Cio, il tema del futuro della boxe alle Olimpiadi diventa centrale nella campagna elettorale.
E su questo la posizione dell’ex campione della scherma non è mai cambiata, o World Boxing (che non cita mai, ma sembra essere l’unica soluzione percorribile tanto che la federazione italiana pugilato vi ha già aderito prima dei Giochi), o addio noble art alle Olimpiadi: “Vogliamo che il pugilato faccia parte sempre dei Giochi Olimpici – conclude Bach – lo potrà fare a Los Angeles solo se avremo un partner affidabile. Le federazioni nazionali devono prendere una scelta, spetta a loro. Se vogliono che i loro pugili vincano medaglie in modo eque, con una federazione con chiare politiche allora devono fondare una nuova federazione internazionale. È nell’interesse dei loro atleti, affinché possano vincere medaglie, se vogliono”
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