Torino, 26 nov. (LaPresse) – “Non invoco mai il Signore, lo ringrazio sempre, ogni sera, prima di andare a dormire. Prego la Madonna e tutti i santi, anche prima dei pasti faccio il segno della croce per ringraziare di quel che ho. Mi auguro di fare qualcosa che giustifichi tutto il bene che ho ricevuto”. Antonio Conte, commissario tecnico della Nazionale italiana, racconta il suo rapporto con la fede in un’intervista al settimanale ‘Credere’ in edicola questa settimana. “La fede aiuta a distinguere il bene e il male, a scegliere la via giusta nei momenti di difficoltà”, spiega l’ex allenatore della Juventus. “Sono cresciuto a Lecce, l’oratorio Sant’Antonio a Fulgenzio è stato un punto di riferimento, un rifugio dalle tentazioni della strada. Fin da bambino i miei genitori mi hanno trasmesso un’educazione cattolica, ora sto facendo la stessa cosa con mia figlia Vittoria”.
Il discorso tocca i modi in cui il ct vive i momenti prima delle partite: “Ascolto tutta la mia famiglia: papà, mamma, fratelli, moglie e figlia”, spiega Conte. “Poi mi isolo e dedico alcuni minuti alla preghiera. Comunque capisco chi cede allo stress: l’allenatore sente tutta la pressione addosso, considerate che deve gestire calciatori, staff tecnico, tifosi… Dopo aver accumulato successo e soldi a volte viene da chiedersi perché si accettino responsabilità simili… Poi però, se la squadra ti segue, il campo ripaga di tutte le notti insonni”. “Cosa regalerei ai Pontefice? A dire la verità – sottolinea il ct – il regalo me lo ha già fatto lui! Poco prima del matrimonio sono andato con la mia famiglia in udienza e Francesco ci ha regalato una pergamena di benedizione. Mi ha colpito, io ero andato da “peccatore”, con una figlia… Il Papa ci ha accolto in maniera semplice, mancavano delle sedie e si è alzato lui per prenderle. Sta trasmettendo valori molto importanti, come la semplicità”. “In che ruolo farei giocare Francesco? Davanti alla difesa, dove sta il cuore della squadra. È il ruolo di chi si deve sacrificare per la squadra”, dice Conte che poi parla dei valori con i quali vuole costruire la sua famiglia: “Dico la semplicità, vogliamo vivere una vita semplice, con la gente. Mia figlia frequenta una scuola statale, abbiamo amici che vanno dall’imprenditore al fruttivendolo. Vittoria deve capire cosa è la vita, deve sapersi rapportare con tutti senza distinzione di ceto sociale. Non dimentico che vengo da una famiglia umile, ma con tanti valori”.
“Come si riportano le famiglie allo stadio? Puntando sull’educazione. Spesso i facinorosi hanno avuto infanzie difficili, senza educazione… Mio papà dice sempre ‘aggiusta l’alberello fino a quando è tenerello'”, continua il mister della Nazionale. “Noi genitori abbiamo un ruolo molto importante nella crescita dei figli. Quando vedo genitori che guardano le partite dei ragazzini e intanto sbraitano e insultano mi chiedo cosa possano imparare i bambini”. “Famiglie in ritiro? Meglio di no, la famiglia – spiega ancora Conte – è importante ma la squadra quando è in ritiro deve concentrarsi e cogliere l’importanza della partita”. Al tecnico viene chiesto se sia capace di perdonare: “Sì, il perdono fa parte del compito dell’allenatore, altrimenti su 25 calciatori ne salveresti 10. Prima di perdonare però penso che si debba far capire gli errori: ci deve essere redenzione da parte di chi ha sbagliato”.
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