Milano, 21 gen. (LaPresse) – “Può esistere un ciclismo senza doping? Potrebbe esistere perché comunque i valori in campo sarebbero gli stessi, però secondo me non esisterà mai. Cosa farei? Liberalizzarlo forse sarebbe la soluzione migliore, ma secondo me è abbastanza improbabile”. L’ex ciclista Danilo Di Luca, radiato per doping, in un’intervista a ‘Le Iene Show’ si è soffermato su questo grave problema che affligge il mondo del ciclismo. “Ero sempre un vincente e vincevo spesso. Quando poi sono passato dilettante ho visto dei corridori che avevano corso con me fino al mese prima, che il mese dopo diventavano più forti di me – ha raccontato l’atleta abruzzese, che ha ammesso di aver cominciato a fare uso di doping verso i vent’anni – Se mi sono sentito in colpa? No, mi sono sentito come gli altri. Tornavo ad essere il Danilo Di Luca che vinceva le corse”.

Tra le sostanze illecite, “la più famosa è l’EPO – ha ammesso Di Luca – Sono iniezioni, prima si poteva fare anche tutti i giorni, adesso no perché viene scoperto nell’esame antidoping. È una cura che bisogna fare per il periodo di tempo che si ritiene opportuno per poi essere al 100% della condizione”, ha svelato. “Chi va più forte? L’antidoping rincorre il doping, però il doping è sempre un passo avanti – ha detto – Dà dei problemi? Non è una droga, quindi non si è dipendenti, fatto in maniera corretta non fa male. Se si esagera, a lungo andare il farmaco fa male al fisico”. A chi gli chiede quanto sia diffuso questo fenomeno, Di Luca parla di “90%, c’è un 10% a cui non interessa in quel periodo il Giro D’Italia, che prepara altre gare e quindi non fa uso di doping. È impossibile non fare uso di doping e arrivare nei primi 10 al Giro D’Italia”, ha concluso

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