Torino, 18 ago. (LaPresse) – Il Golden Boy compie 70 anni, ma nonostante il tempo il suo mito non invecchia mai. Gianni Rivera, nato ad Alessandria il 18 agosto 1943, festeggia oggi le 70 candeline di una vita passata per lo più su un rettangolo verde a inseguire un pallone. Esordisce in Serie A prestissimo, a 15 anni, con la maglia dell’Alessandria, il 2 giugno 1959. Da lì in poi è stata una continua scalata all’insù per un enfant prodige diventato leggenda. Una stagione dopo il passaggio al Milan, dal quale non se ne andrà più, collezionando 501 presenze con 122 gol dal 1960 al 1979. Vincerà 3 scudetti, il primo a 18 anni, e regalerà al Diavolo la Prima Coppa Campioni, nella finale di Wembley del 22 maggio 1963 con il Benfica. L’anno di grazie è però il 1969, quando sotto la sapiente guida di Nereo Rocco conquista l’accoppiata campionato-Coppa dei Campioni (battendo in finale 4-1 l’Ajax della stella Cruijff). A fine anno arriva anche il Pallone d’Oro, il premio come miglior giocatore, diventando il primo italiano a conquistarlo.

La sfavillante e precoce carriera con il Milan prosegue parallelamente a quella in Nazionale. Il debutto arriva all’età di 18 anni, il 3 maggio 1962 nell’amichevole a Bruxelles con il Belgio, vinta 3-1. Con l’Italia conquista nel 1968 l’unico Europeo finora vinto dagli azzurri, ma paradossalmente il nome di Rivera viene ricordato nella memoria e nella mente degli appassionati di calcio per lo più per aver segnato il gol decisivo del 4-3 della celebre semifinale ai Mondiali del 1970 con la Germania Ovest, in quella che è stata ribattezzata come ‘la partita del secolo’. In quel Campionato del Mondo è stato protagonista insieme alla bandiera dell’Inter Sandro Mazzola della ‘staffetta’ che nella testa dell’allora ct Ferruccio Valcareggi prevedeva l’ingresso di Rivera al posto di Mazzola nel secondo tempo delle partite. Dopo la rete con la Germania Ovest che portò l’Italia in finale, Rivera infatti giocò appena sei minuti nella finalissima con il Brasile, entrando quando ormai le sorti dell’incontro erano segnate. Fu l’unico vero cruccio della sua carriera.

Definito da Brera tanto ‘golden Boy’ quanto ‘abatino’ (per la statura minuta seppur elegante che ne comprometteva le doti fisiche e atletiche) dopo alcuni anni senza vittorie contribuisce comunque al decimo scudetto vinto dal Milan nel 1979, quello della prima stella. L’indomani si ritira dall’attività sportiva, ma dopo 12 stagioni vissuta da capitano, rimane all’interno della società rossonera occupendo il ruolo di vicepresidente fino al 1986. Con la maglia dell’Italia invece raccoglie 60 presenze impreziosite da 14 reti. L’addio alla nazionale arriva invece nel 1974, al termine del Mondiale in Germania nel quale gli azzurri non superarono il girone iniziale. Attualmente ricopre la carica di Presidente del Settore Giovanile e Scolastico della Figc, ma il suo ricordo rimarrà sempre legato alle immagini in bianco e nero mentre solleva il Pallone d’Oro o mentre regala all’Italia il successo più bello della sua storia.

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