Torino, 8 mag. (LaPresse) – La Juventus significa “una vita di successo, di lotta e di impegno. E’ una famiglia in cui sono cresciuto e ho aiutato altri a crescere. E’ una sorta di scelta e stile di vita”. Gianluigi Buffon racconta la ‘sua’ Juventus in una lunga intervista concessa al sito ufficiale della Fifa. “Essere capitano non significa solo indossare una fascia. Il vero capitano è colui che svolge un ruolo importante per la squadra in campo e nello spogliatoio, a prescindere dalla posizione in cui gioca”, spiega il numero uno della Juventus spiegando poi di aver trovato in carriera, tra i difensori, la maggior intesa “con cinque, senza dubbio: Fabio Cannavaro, Lilian Thuram, Andrea Barzagli, Leonardo Bonucci e Giorgio Chiellini”.

“CONTE, UN VINCENTE” – “La parata più importante? E’ difficile sceglierne una in particolare, anche se penso che quella fatta su Zidane nella finale dei Mondiali 2006 in Germania sia stata probabilmente la più decisiva”, racconta Buffon che parlando degli attaccanti che più gli hanno creato problemi cita “Ibrahimovic. Un grande giocatore che mi ha sempre fatto gol”. Capitolo allenatori. “Ogni tecnico che ho avuto – spiega il portiere bianconero – ha avuto un impatto significativo nella mia carriera. Devo dire però che Antonio Conte è stato il migliore con cui ho lavorato. In un breve periodo di tempo – prosegue – è riuscito ad infondere nuova linfa ad una squadra che nelle ultime due stagioni aveva ottenuto il settimo posto. Lui è stato subito vincente”.

“PRANDELLI CI HA DATO EQUILIBRIO” – Parlando della Nazionale, Buffon esprime parole di elogio anche per il ct Cesare Prandelli: “Grazie al suo eccellente lavoro, penso che abbiamo trovato un equilibrio tra la solidità difensiva e un approccio offensivo che permette ai nostri grandi attaccanti di esprimersi meglio. Chi vorrei incontrare in finale di Confederation Cup? Il Brasile, per la sua storia e poi perché è sempre emozionante affrontare il paese ospitante”. Sul futuro: “Il tempo non si ferma per nessuno. Ho debuttato a 17 anni, ora ne ho 35. Non posso fermare l’orologio, ma sono in pace con me stesso e non sono preoccupato. Il futuro appartiene ai giovani e io sto solo cercando di trasmettere l’esperienza che ho acquisito nel corso degli anni”, così il numero uno della Nazionale.

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