Austin (Texas, Usa), 24 ago. (LaPresse/AP) – Lance Armstrong si arrende. Pur continuando a dirsi innocente, il pluripremiato ciclista rinuncia a contestare le accuse di doping mossegli dall’Agenzia americana antidoping (Usada). Dopo l’annuncio in un comunicato pubblicato sul proprio sito web, è arrivata immediata la reazione dell’Usada: bandito a vita dalle gare e privato dei sette titoli vinti al Tour de France tra il 1999 e il 2005. Secondo l’agenzia, infatti, Armstrong avrebbe fatto uso di sostanze dopanti a partire dal 1996, tra cui Epo, steroidi e trasfusioni. Solo pochi giorni fa la decisione di un tribunale federale americano, dove il ciclista aveva agito per bloccare le accuse, che aveva respinto il suo ricorso.

“Arriva un momento nella vita di ogni uomo in cui ci si deve dire: ‘Quando è troppo è troppo’. Per me questo momento è arrivato”, scrive il corridore, che si è ritirato dal settore professionistico nel 2011 per dedicarsi al triathlon e alla sua fondazione contro il cancro. Definisce l’indagine nei suoi confronti una “incostituzionale caccia alle streghe” e ripete di essere innocente, ma di aver deciso di rinunciare perché stanco di sentirsi sotto accusa. “Ho dovuto – afferma nel comunicato – affrontare accuse secondo cui avevo ingannato e avuto un vantaggio scorretto quando vinsi i sette titoli al Tour de France dal 1999. Il peso che tutto questo ha avuto sulla mia famiglia, sul mio lavoro per la nostra fondazione e su me stesso mi porta a questo, a finirla con questa assurdità”.

Secca e quasi immediata la reazione dell’Agenzia americana antidoping (Usada), che lo bandisce a vita dalle competizioni e gli revoca tutti i sette titoli vinti al Tour. Un caso “straziante” quello del pluricampione ormai da anni al centro dello scandalo per l’uso di sostanze proibite, nelle parole del direttore dell’agenzia, Travis Tygart. Doloroso, ha spiegato Tygart, perché mette in luce cosa può essere un approccio allo sport in cui si deve raggiungere la vittoria a tutti i costi.

Armstrong sostiene che l’Usada non abbia l’autorità per togliergli i titoli vinti, rivendicandoli come suoi: “Non può pensare di avere il controllo sullo sport professionale internazionale e tentare di togliermi i sette titoli del Tour de France. So chi ha vinto quei sette Tour, lo sanno i miei compagni di squadra e lo sanno anche tutti quelli con cui ho gareggiato”. Diversa l’opinione dell’agenzia antidoping americana, ma anche di quella mondiale (Wada). Il suo presidente, John Fahey, ha infatti commentato: “Ora hanno il diritto di applicare la pena che sarà riconosciuta in tutti i Paesi del mondo che applicano le regole Wada”. Fahey ha anche sottolineato che la decisione del ciclista, sebbene lui si professi da sempre innocente, potrebbe sembrare una ammissione che le accuse abbiano qualche fondatezza.

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