Il tour del rocker fiorentino partirà il 29 giugno in occasione dell'uscita del nuovo album 'Deserti'

Dopo oltre un anno di stop forzato per un forte shock acustico, Piero Pelù torna alla musica con un nuovo album e un tour che partirà a breve. “Si riparte, la musica è stata salvifica come e più del solito. Sono carichissimo, scrivere questo album è stato importante. Mi ha aiutato tantissimo a superare sia in parte i problemi fisici che quelli psicologici”, racconta il 62enne rocker fiorentino in esclusiva a LaPresse in occasione dell’uscita, venerdì 7 giugno, di ‘Deserti’ secondo capitolo della ‘trilogia del disagio‘.

‘Deserti’ il nuovo album del rocker fiorentino

“Il titolo è ‘Deserti’, un luogo simbolo di come l’essere umano possa essere autodistruttivo. Ma è un disco che parla di disagi in maniera solare e divertente, dal vivo sarà una vera pacchia suonarlo”, aggiunge l’ex frontman dei Litfiba. A proposito della depressione di cui ha sofferto e di cui soffrono in tanti, anche i più giovani, sempre Pelù dichiara: “È giusto parlarne, chi ha la possibilità come me, e dire che non si deve avere paura di chiedere aiuto. Io ne canto in ‘Maledetto cuore‘ quando dico ‘io ho bisogno di te, di quello che non so capire e non so vedere’. C’è bisogno di più dialogo e di raccontarsi di più. Il disagio è sempre comprensibile e non ci si deve incolpare”. Sulla copertina del disco Pelù ha voluto che venisse messo uno sticker con scritto ‘NO-IA‘, un modo per l’artista per affrontare il tema dell’utilizzo dell’intelligenza artificiale e sottolineare ai suoi fan che ‘Deserti’ è stato scritto, composto e suonato senza il suo utilizzo.

Nei brani del disco messaggi di pace e cambiamento 

Nel suo nuovo lavoro Piero Pelu’ declina il concetto di deserti in molti modi. Dai deserti causati dalle guerre come in ‘Scacciamali’, “un brano dedicato a tutti quei bambini nel mondo che vivono in condizioni davvero al limite a causa di odio e guerre“; ai deserti causati dalla crisi climatica come nella title track; i deserti affettivi come quelli raccontati in ‘Picasso’ dove “racconto del me bambino, adolescente che confida alla sua famiglia di voler fare musica”; i deserti sentimentali e degli affetti sono anche al centro di ‘Elefante’; mentre i deserti causati dall’odio che ci circonda li ritroviamo nel brano ‘Canto’. “Ognuno è libero di fare quello che sente ma io non posso fare finta di non vedere cosa mi accade attorno. In questo brano parlo di una politica che non riesce ad avere il peso necessario per aiutare davvero i cittadini”, ha detto Pelù. Ma il rocker toscano canta anche i i deserti creati dai social come in ‘Tutto e subito’, brano scritto insieme ai ‘Fast animals and slow kids’; i deserti delle nostre città e delle periferie,  come in ‘Baby bang‘ brano nato insieme ai Calibro 35. Ma i deserti sono anche quelli del dolore come canta in ‘Baraonde’.

Piero Pelù si racconta attraverso le sue canzoni

Nell’album come sempre Pelù non si nasconde. “Un artista o è libero o fa balera, con tutto il rispetto. L’artista deve essere scomodo altrimenti non lo è”, dichiara. Non a caso in ‘Deserti’ il rocker fiorentino ripropone anche il celebre brano contro la guerra ‘Il mio nome è mai più‘, scritto a 25 anni e cantato con Jovanotti e Ligabue. Un testo purtroppo oggi ancora attuale. “Io cerco di parlare il meno possibile di guerre, perché anche per colpa della propaganda tendiamo a schierarci come se fossimo allo stadio a vedere una partita di calcio. Mentre qui si sta parlando di una una cosa molto più delicata e grave. Bisogna che la cultura della pace riprenda piede a pieno titolo”, dice l’artista da sempre al fianco di Emergency, l’associazione fondata da Gino Strada. Nel riferirsi alle guerre di questi mesi in Ucraina e in Medio Oriente, sempre Piero Pelù chiede “che vengano fatte le divisioni territoriali che servono, per non offendere né l’uno e né l’altro, quindi popoli e nazioni separati e possibilmente in pace. Perché stiamo andando diritti verso l’autodistruzione”. Nel singolo ‘Novichok’ “il veleno usato da Putin contro i suoi oppositori”, Pelù accende un faro “per estensione sul veleno che circola oggi in mezzo all’informazione. Tutti i dittatori del mondo, che stanno diventando pericolosamente tanti, lo usano per manipolare il consenso delle masse”. “Una canzone di cui sono estremamente orgoglioso, sia musicalmente che per il significato”, ammette.

Pelù: “È un disco molto aperto e libero” 

Da un punto di vista musicale “‘Deserti’ è un album molto rock, che ha dentro delle canzoni importanti. E’ un rock coniugato in tantissimi modi, c’è dentro musica etnica, tanti strumenti che si fondano bene con i chitarroni rock. E’ un disco molto aperto, molto libero”. Considerato la strada che sta prendendo la musica italiana oggi, c’è ancora spazio e voglia di rock and roll. “Per me si e non ho paura a dirlo, a praticarlo e a pubblicarlo. Mi auguro che il pubblico sia recettivo, le prime risposte sono ottime. I due singoli usciti prima dell’album hanno avuto risposte incredibili e piacevolissime”, racconta. La risposta arriverà presto, con il tour che partirà il prossimo 29 giugno e che toccherà location estive in tutta Italia, tra cui Genova e Bergamo, in attesa poi degli attesissimi concerti nei club di Firenze, Milano e Torino. “E’ l’unica bomba atomica positiva e pronta ad esplodere”, ribadisce Pelù che avrà al suo fianco una band esplosiva ‘i Bandidos’ con alla chitarra Amudi Safa, Luca Martelli ‘Mitraglia’ alla batteria e l’ex bassista di Elisa Max Gelsi ‘Sigel’ al basso. “Insieme sono il trio più potente. Meraviglioso e coinvolgente con cui abbia mai suonato. Anche visivamente il concerto sarà una cosa rivoluzionaria“, conclude Pelù.

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