Il loro sodalizio iniziò nei primi anni '60: "Se avessimo potuto continuare a scrivere insieme avremmo fatto almeno altri 10 successi"

Giulio Rapetti-Mogol, in occasione dei 25 anni dalla morte di Lucio Battisti, lo ricorda così: “Lucio manca tanto, se avessimo potuto continuare a scrivere insieme avremmo fatto almeno altri dieci successi. Da quando non ho più scritto con lui mi è mancata la sua musica, i suoi scritti”. L’anniversario della morte di Battisti ricorre sabato 9 settembre. Il loro sodalizio iniziò nei primi anni ’60 e portò il giovane Battisti al vertice delle classifiche italiane tra gli anni ’70 e ’80. “Noi ci trovavamo per scrivere insieme, una volta all’anno, lavoravamo per una settimana e il disco era finito”, aggiunge. 

“Se vedo nella musica attuale qualche suo erede? Come scriveva Lucio lo faceva solo lui. Era unico. Come Mango scriveva da Mango, Lucio Dalla da Lucio Dalla, non ci sono eredi di questi artisti. C’è sicuramente chi scrive bene, ma non è certo ai livelli di questi compositori” dice ancora a LaPresse Mogol. 

“Io faccio molte serate ancora in giro, che sono molto richieste. Sa che 2-3 mila persone cantano assieme a me le canzoni? E quello che mi stupisce è che conoscono le parole a memoria. Ce ne sono di tutte le età. Una cosa incredibile, come se anziché sparire diventassero ancora più di moda”, aggiunge ancora. “Le nostre canzoni? I Giardini di marzo l’ho sentita cantare da 70 mila persone allo stadio (è l’inno della Lazio al termine di tutte le partite, ndr). Quello che è incredibile – argomenta – è che anche canzoni meno note sento che le conoscono. Questa è una cosa molto bella. La canzone popolare è ricca di valori, e la gente trattiene le cose di valore. E’ sempre stato così nel mondo. La cultura popolare di qualità opera un’evoluzione incredibile. Secondo me – conclude l’autore e compositore – il giudizio lo emette comunque la gente, facendo durare le canzoni nel tempo. Questa è la formula che permette di capire il valore delle canzoni. Se una canzone di 50 anni fa le canta ancora la gente significa che ha il suo valore. Se la canzone dura un mese e mezzo e poi non se ne sente più parlare allora non ha quel valore”. 

Il ricordo prosegue anche con un’analisi della musica di oggi. “Nella musica di oggi ne sento pochi di ideali, mi rifaccio ad alcuni degli ultimi nostri corsi (al Cet, Centro Europeo Toscolano, ndr), ho notato che c’è il gelo. Nella musica di oggi è subentrata una forma anche di individualismo, non splende più il sole” dice Mogol riguardo al disagio giovanile e i messaggi che trasmette un certo tipo di musica attuale, in particolare la trap: “Parla di violenza, droghe, soldi? Questo ho avuto modo di accertarlo anche nella mia scuola, non c’è più un discorso basato sul sentimento, solare. Si punta molto sull’individualismo, sul gelo. Questo è un fatto preoccupante”, conclude Mogol. 

“Non ho occasioni di sentire la musica di oggi: non ascolto radio, non compro dischi, non sento trasmissioni, non guardo la tv. Sanremo? Mi è capitato, ma l’ultima volta c’è stata una partita di pallone molto importante e ho visto quella”, chiosa Mogol. “Tifo per le squadre italiane, nelle competizioni contro gli stranieri e tifo per l’Italia”, aggiunge l’autore

© Copyright LaPresse - Riproduzione Riservata