Il cantante esce oggi con il nuovo disco "Lauro"

Achille Lauro, dopo l’esperienza sanremese, torna con il suo sesto album in uscita il 16 aprile e che porta il suo nome: ‘Lauro’, appunto. Un disco creato, come sempre, senza seguire le leggi di mercato. D’altronde, spiega l’artista, “nel 2020 ho fatto uscire tre album, fuori da ogni logica di vendita”. E lo stesso spirito è quello che l’ha guidato nella sua avventura al Festival, che lui chiama “la mostra della musica italiana per eccellenza”: “Io costruisco dei progetti. A Sanremo ho fatto un viaggio nei generi musicali”. E lo stesso fa ‘Lauro’, che per Achille è “una tempesta dell’anima” che lo rappresenta includendo proprio tutti i generi portati all’Ariston. Dove, oltre ad esibirsi con i suoi brani, ha messo in scena dei veri e propri ‘quadri’. Senza curarsi delle critiche: “Sono contentissimo di avere avuto quella possibilità grazie al visionario Amadeus e al genio dell’intrattenimento Fiorello. Amadeus è riuscito ad attualizzare il Festival, ha scelto nel panorama attuale italiano. Per molti artisti questo significa qualcosa di diverso dall’appiattimento. Se poi vogliamo trovare solo reggaeton in radio, io l’inferno me lo immagino così”.
Achille Lauro, dopo l’esperienza sanremese, torna con il suo sesto album in uscita il 16 aprile e che porta il suo nome: ‘Lauro’, appunto. Un disco creato, come sempre, senza seguire le leggi di mercato. D’altronde, spiega l’artista, “nel 2020 ho fatto uscire tre album, fuori da ogni logica di vendita”. E lo stesso spirito è quello che l’ha guidato nella sua avventura al Festival, che lui chiama “la mostra della musica italiana per eccellenza”: “Io costruisco dei progetti. A Sanremo ho fatto un viaggio nei generi musicali”. E lo stesso fa ‘Lauro’, che per Achille è “una tempesta dell’anima” che lo rappresenta includendo proprio tutti i generi portati all’Ariston. Dove, oltre ad esibirsi con i suoi brani, ha messo in scena dei veri e propri ‘quadri’. Senza curarsi delle critiche: “Sono contentissimo di avere avuto quella possibilità grazie al visionario Amadeus e al genio dell’intrattenimento Fiorello. Amadeus è riuscito ad attualizzare il Festival, ha scelto nel panorama attuale italiano. Per molti artisti questo significa qualcosa di diverso dall’appiattimento. Se poi vogliamo trovare solo reggaeton in radio, io l’inferno me lo immagino così”.

Lauro, anticonvenzionale e visionario, si sofferma anche a parlare dell’attualità. E se, essendo un “solitario” e per lui “essere alienato non è una novità”, nel lockdown dovuto alla pandemia ha trovato un lato positivo: “Ho avuto tempo per lavorare alla musica e non essere inghiottito dalla frenesia della promozione”. Ora, però, in prospettiva spera anche lui nelle riaperture: “Ci sono diversi settori ancora fermi. E’ fondamentale e prioritario che chi di dovere capisca come affrontare la questione. E la musica, se l’emergenza dovesse continuare, deve necessariamente ripensare al mercato. Se si apriranno gli stadi per gli Europei di calcio, allora spero accada lo stesso anche per tutta la cultura e lo spettacolo”. “Spero che il settore possa uscirne bene. Io personalmente posso vivere senza suonare dal vivo, anche se i live sono il coronamento del lavoro. Ma è importante che la situazione cambi per chi è coinvolto, per chi deve far funzionare la sua attività”, aggiunge. E, a proposito di come si potrebbe ripartire, spiega: “Non sono un esperto, ma c’è un mondo digitale. Oppure la possibilità di fare più concerti con meno spettatori. In altri Paesi sta accadendo. Io sono fiducioso e quando si potrà suonare in sicurezza sarò pronto. Anche perché il live è un’esperienza importante, sacro, sono momenti che le persone ricordano per tutta la vita”.

Intanto, nell’attesa di esibirsi live, non esclude di poter essere fra gli ospiti del concertone del Primo Maggio, “anche se vorrei tornarci con la piazza piena”. Sul futuro, “ho le idee chiare su cosa voglio e dove sto andando. Un tour negli stadi non sarebbe un traguardo, perché quando poi lo raggiungi inizi a volere qualcos’altro”. Nel frattempo, dopo quattro album in un anno, “ho bisogno di fare una pausa, per poi tornare a scrivere con delle nuove esperienze”.
Lauro, anticonvenzionale e visionario, si sofferma anche a parlare dell’attualità. E se, essendo un “solitario” e per lui “essere alienato non è una novità”, nel lockdown dovuto alla pandemia ha trovato un lato positivo: “Ho avuto tempo per lavorare alla musica e non essere inghiottito dalla frenesia della promozione”. Ora, però, in prospettiva spera anche lui nelle riaperture: “Ci sono diversi settori ancora fermi. E’ fondamentale e prioritario che chi di dovere capisca come affrontare la questione. E la musica, se l’emergenza dovesse continuare, deve necessariamente ripensare al mercato. Se si apriranno gli stadi per gli Europei di calcio, allora spero accada lo stesso anche per tutta la cultura e lo spettacolo”. “Spero che il settore possa uscirne bene. Io personalmente posso vivere senza suonare dal vivo, anche se i live sono il coronamento del lavoro. Ma è importante che la situazione cambi per chi è coinvolto, per chi deve far funzionare la sua attività”, aggiunge. E, a proposito di come si potrebbe ripartire, spiega: “Non sono un esperto, ma c’è un mondo digitale. Oppure la possibilità di fare più concerti con meno spettatori. In altri Paesi sta accadendo. Io sono fiducioso e quando si potrà suonare in sicurezza sarò pronto. Anche perché il live è un’esperienza importante, sacro, sono momenti che le persone ricordano per tutta la vita”.

Intanto, nell’attesa di esibirsi live, non esclude di poter essere fra gli ospiti del concertone del Primo Maggio, “anche se vorrei tornarci con la piazza piena”. Sul futuro, “ho le idee chiare su cosa voglio e dove sto andando. Un tour negli stadi non sarebbe un traguardo, perché quando poi lo raggiungi inizi a volere qualcos’altro”. Nel frattempo, dopo quattro album in un anno, “ho bisogno di fare una pausa, per poi tornare a scrivere con delle nuove esperienze”.

© Copyright LaPresse - Riproduzione Riservata