Il 9 settembre 1998 se ne andava uno dei pilastri della musica italiana. Da 'Mi ritorni in mente' a 'Il mio canto libero', passando per 'Sì, viaggiare': troppi i successi che hanno influenzato generazioni
Era il 9 settembre del 1998 quando all'ospedale San Paolo di Milano moriva uno dei pilastri della canzone italiana, Lucio Battisti. Andato via troppo presto, a soli 55 anni, per una malattia su cui ancora adesso, dopo due decenni, non è caduto il riserbo. Le cause del decesso, seguito a giorni di ricovero, non sono state rese note per volere della famiglia, la moglie Grazia Letizia Veronese e il figlio Luca. La vita del grande cantautore, per cui anche solo tentare un elenco dei successi sarebbe difficile, tanto sono numerosi, è stata accompagnata da una riservatezza – negli ultimi più un rifiuto dei media – che ne ha alimentato il mito.
Lucio Battisti nasce il 5 marzo del 1943 a Poggio Bustone, in provincia di Rieti. Un'infanzia tranquilla in una famiglia piccolo borghese. Da bambino pensa anche di prendere i voti, da ragazzo si diploma perito meccanico, ma è fin da subito la musica la sua grande passione. L'esordio è nel 1962 come chitarrista, con un gruppo napoletano, I mattatori, poi passa a I satiri. Incontra Roby Matano e inizia a scrivere canzoni, si trasferisce a Milano, ai tempi fulcro del panorama discografico. Nel 1965 l'incontro chiave della sua carriera, quello con Giulio Rapetti, Mogol. Inizia un sodalizio che segna la musica nostrana per decenni. I due scrivono testi come '29 settembre' e 'Nel cuore, nell'anima' per l'Equipe 84, e poi quelli che Mogol convincerà Battisti a cantare lui stesso. 'Balla Linda', 'Emozioni', 'Fiori rosa, fiori di pesco', 'Mi ritorni in mente','Non è Francesca', 'Acqua azzurra, acqua chiara'. I successi di Battisti, l'innovazione e le sonorità che è stato capace di portare hanno influenzato generazioni con brani come 'Il mio canto libero', 'E penso a te', 'Sì, viaggiare', 'Prendila così', 'Una giornata uggiosa'.
Nel 1971 cambia etichetta, dalla Dischi Ricordi alla Numero Uno, fondata da Mogol; l'anno successivo, il 23 aprile, il mitico duetto con Mina in tv nella puntata di Teatro 10, nel 1980 l'ultima apparizione sul piccolo schermo per la televisione svizzera. Gli anni 80 sono decisivi per Battisti, marcati da una chiusura sempre maggiore verso l'esterno e dalla fine del sodalizio con Mogol, nel 1980, con 'Una giornata uggiosa'. Nel 1982 pubblica l'album 'E già', con testi scritti con la moglie sotto lo pseudonimo di Velezia, poi arriva la collaborazione con Pasquale Panella che porta alla pubblicazione nel 1986 di 'Don Giovanni'. L'ultimo album, 'Hegel', è del 1994, quattro anni prima della morte.
L'Italia perde, e prematuramente, un pezzo del suo patrimonio culturale, "figura indimenticabile della musica leggera italiana del secondo Novecento", scrive il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, in un messaggio inviato alla vedova, "il suo straordinario talento, insieme alla costante e rigorosa ricerca di evoluzioni espressive, lo hanno consacrato come un punto di riferimento nel panorama musicale italiano, superando, nonostante la sua natura schiva e riservata, i confini nazionali. Autentico precursore e interprete delle emozioni, delle inquietudini e dei mutamenti sociali e culturali di un'epoca, ha influenzato generazioni di cantautori".
L'eredità di Battisti, la sua musica e i suoi 25 milioni di dischi venduti restano, anche se però non è così semplice. La moglie e il figlio sono contrari alla diffusione online dei successi targati Battisti-Mogol e pubblicati dalla Ricordi, poi passata alla Universal della galassia del bretone Vincent Bolloré. Il gruppo, ça va sans dire, vorrebbe puntare sull'enorme potenziale delle piattaforme web, e in ballo ci sono anche gli introiti mancati per Mogol. La soluzione pare vicina, e in favore di questi ultimi e dei fan che vorrebbero ascoltare ovunque la musica del loro mito.
© Copyright LaPresse - Riproduzione Riservata