Venezia, 8 set. (LaPresse/Xinhua) – “Mi piace scegliere i registi con cui collaborare perché così posso partecipare al processo creativo sul set”. Così il premio Oscar Juliette Binoche, alla 72esima Mostra del cinema di Venezia per ‘L’attesa’, il lungometraggio di esordio del regista siciliano Piero Messina. “Se lavoro da sola – ha detto l’attrice francese intervistata da Xinhua – dipingo o faccio qualcos’altro, ma se lavoro insieme ad altri per me è co-creazione”. Nella pellicola in concorso alla Mostra, coproduzione tra Italia e Francia prodotto dalla Indigo Film e da Medusa Film, Binoche interpreta il ruolo di una madre che non vuole ammettere la morte del figlio e invece lo aspetta con la fidanzata di lui in una vecchia villa siciliana. “Quando ho letto la sceneggiatura e ho incontrato Pietro – ha raccontato Binoche – ho visto un grande regista e sentivo che sarebbe stato interessante lavorare con qualcuno di nuovo”.
Binoche ha vinto un Oscar e un Bafta come migliore attrice non protagonista nel 1997 per ‘Il paziente inglese’ e ha ottenuto una candidatura all’Oscar nel 2000 per ‘Chocolat’; ha inoltre vinto la coppa Volpi come migliore interpretazione femminile alla 50esima mostra di Venezia nel 1993 per ‘Tre colori – Film Blu’, l’Orso d’argento per la migliore attrice al Festival di Berlino per ‘Il paziente inglese’ nel 1997 e il Prix d’interprétation féminine al Festival di Cannes per ‘Copia conforme’ nel 2010. Per l’attrice il tema del film di Messina era stimolante. “Ho pensato ‘Questo è un film che vorrei fare perché si tratta di esplorare in modo diverso la perdita di un figlio’. Il mio personaggio nel film crea un mondo in modo da sopravvivere”.
Preparare il ruolo è stata un’esperienza affascinante, ha aggiunto, perché “era come essere in luogo pericoloso, dentro di me c’era una fragilità che ho ovviamente usato. La fragilità mi ha aiutato a passare attraverso il film”. “Devi essere in grafo di scendere nel lato oscuro del’umanità per poter raccontare storie – ha spiegato l’attrice che ha ha ottenuto la nprima parte di rilievo a 24 anni in ‘L’insostenibile leggerezza dell’essere’ di Philip Kaufman – quando avevo 18 anni ho avuto la fortuna di avere un maestro che mi ha insegnato a toccare il nucleo di quello che volevo ritrarre recitando”. E, ha concluso Binoche, ciò che tutti i grandi registi hanno in comune è “un soggetto universale vicino al loro cuore, l’intelligenza emotiva, e la fiducia nei loro attori”.
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