Torino, 13 gen. (LaPresse) – “E’ un premio che sentiamo un po’ anche nostro”. Così Carlo Verdone, tra i protagonisti del film ‘La grande bellezza’ di Paolo Sorrentino, ha commentato, parlando a LaPresse, l’assegnazione del Golden Globe al regista napoletano per il miglior film straniero. “Sorrentino è stato il deus ex machina con un Toni Servillo strepitoso”, ha aggiunto Verdone.
Fiero della sua lunga carriera in Italia si è detto “molto orgoglioso di aver fatto un film serio, un progetto che entra nell’Olimpo dei grandi film. E poi è un film dedicato a Roma”. Infatti, fin dall’iniziale proposta del regista di entrare nel cast, il popolare attore comico si era sentito subito pronto a essere parte del progetto: “Ho detto sì subito al 95%, per il nome, per il regista, ma anche e soprattutto per Roma”.
Questo riconoscimento che arriva dalla patria della cinematografia mondiale, Hollywood, è motivo per Verdone di essere “estremamente felice”. “Paolo ha fatto un film serio – ha sottolineato Verdone – era convinto, eravamo tutti convinti e tutti entusiasti. Quindi ci sentiamo tutti parte in causa e ci rendiamo conto di aver realizzato un film importante che ha tutti i requisiti per entrare nella cinquina agli Oscar”.
Volgendo lo sguardo a quel confronto su cui si è a lungo dibattuto dopo la presentazione al Festival di Cannes, tra ‘La grande bellezza’ e ‘La dolce vita’ di Fellini, Sorrentino ne ha sempre preso le distanze considerando l’opera felliniana “un capolavoro”. Anche lo stesso Verdone ha sottolineato un’importante differenza tra le due pellicole, spiegando che, diversamente da quello di Fellini, nel film di Sorrentino “si entra nel degrado, nella solitudine; è rappresentata la miseria intellettuale di questi anni sullo sfondo di una scenografia antica”.
Verdone ricorda un episodio che, se da una parte riflette la poetica del film, dall’altra genera un sorriso. Si trovavano al Gianicolo, un colle romano sulla riva destra del Tevere. “Paolo stava inquadrando il monumento di Garibaldi” ha raccontato Verdone, precisamente “stava riprendendo un vecchio nostalgico che lasciava un mazzo di fiori alla base dell’enorme statua. E’ qualcosa che solo noi romani notiano – perché a Roma succede questo: parenti di vecchi garibaldini vengono a Roma a depositare fiori alle statue. Paolo aveva già capito tutto. Lui, napoletano, era riuscito a percepire la poetica di questa città, che in genere solo uno sguardo romano è in grado di cogliere”.
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