Torino, 6 dic. (LaPresse) – Una standing ovation da parte di centinaia persone, quasi un tifo da stadio, ha accolto il regista Ken Loach al cinema Ambrosio di Torino, gremito, dove è in corso l’incontro organizzato con i sindacati di base e i lavorari della Rear. Le bandiere degli operai della Fiat Mirafiori, dell’Usb, di Rifondazione comunista sono state attaccate alle pareti della sala. “E’ molto bello essere qui con voi – ha esordito il regista – ringrazio Federico e l’Usb per questo benvenuto fantastico”. Federico Altieri è il lavoratore della Rear (la cooperativa che serve il Museo del cinema) licenziato perché, come lui stesso, seduto a fianco di Ken Loach, ha raccontato, “ho indossato una maglietta con scritto ‘Adesso sospendeteci tutti’ dopo che avevo visto una collega essere licenziata dopo 11 anni per aver protestato per le condizioni di lavoro”.

“Ho trovato il coraggio di scrivere a Ken Loach – ha proseguito Altieri – perché anche se è una grande star si è informato come un cittadino, ha messo a disposizione documenti, un traduttore, ha fatto una scelta ragionata. I lavoratori vengono stritolati ed è tutto legale. Io guadagnavo 5,16 euro all’ora, servivano 200 ore al mese per guadagnare mille euro”. “Nessun luogo di Torino – ha detto Ken Loach alla platea gremita che lo ha spesso applaudito – può essere più affettuoso e più caldo. Essere qui con questa lotta e resistenza mi incoraggia tantissimo. Le questioni che ci portano a riunirci sono i salari da fame, i licenziamenti iniqui, i diritti dei lavoratori e i contratti di esternalizzazione. Che un regista non vada a un festival non è una cosa importante”. Loach ha ripercorso la vicenda che lo ha portato a rifiutarsi di partecipare al Torino film festival per ricevere un premio, in segno di solidarietà verso Federico Altieri e i lavoratori nelle sue condizioni. “Federico mi ha scritto a luglio – ha spiegato – io ho scritto al Festival di reintegrare i lavoratori e di dare stipendi giusti. I direttori del Festival mi han detto ‘siamo ben consapevoli dei seri problemi dei lavoratori del Museo del cinema e condividiamo la preoccupazione, tenteremo di fare qualsiasi cosa per trovare una soluz ragionevole’. Ma a novembre non era ancora successo nulla. Non hanno parlato coi lavoratori licenziati né coi sindacati”.

“Loro – ha proseguito Loach – dicevano ‘il museo non è responsabile per il comportamento di terze parti, non ha alcun diritto a intervenire nei rapporti di lavoro tra coop e azienda’. Per me è sbagliato – ha ribadito il regista – loro sanno bene quali sono i costi dell’appalto e di ogni lavoro esternalizzato se ne ha responsabilità. Questa è la stessa posizione delle più potenti multinazionali del mondo. Le grandi catene di abbigliamento o supermarket allora non hanno alcuna responsabilità verso la miseria in cui vivono i lavoratori spesso immigranti clandestini? L’ultima cosa che ho sentito da direttori festival è c’è incomprensione. Io dico, invece, che non c’è nessuna incomprensione: sappiamo bene cosa state facendo”. “Credo che la disputa – ha puntualizzato Loach – mostri bene la vulnerabilità delle cooperative quando prendono lavoratori in subappalto e dicono ‘tagliatevi lo stipendio, se no perdete lavoro’. E’ come dire che un tacchino voti per il Natale”.

“Soffriamo per l’austerità delle privatizzazioni e i tagli al welfare – ha ancora detto il regista in un passaggio successivo del suo discorso – nel nostro paese tolgono ogni fondo ai disabili. Sono sempre più i senzatetto. Stiamo eliminando ogni segno di società civile, quella che abbiamo creato 60 anni fa. Avviene in tutta Europa. Come possiamo resistere? Dobbiamo costruire un’alternativa politica. I sindacati autorganizzati come l’Usb sono molto utili, come i movimenti degli squatter e delle case occupate. Così come ogni movimento locale che difende la scuola la sanità”. “Ma dobbiamo stare attenti – ha precisato ancora – perché ci sono dei pericoli. Nel nostro paese abbiamo un grande partito noto come centrosinistra. Non so se avete lo stesso problema. Ma per me non esiste il centro-sinistra. Ci sono solo due alternative: o si sostengono le privatizzazioni o le multinazionali o no. Loro dicono che lo fanno ma con lentezza. Se uno deve essere strangolato però è meglio che lo sia in fretta. Dobbiamo combattere per un nuovo modello economico. Il modello neoliberista non offrirà mai una vita dignitosa a tutti i cittadini. Non possiamo organizzare una volontà collettiva in maniera democratica. E’ necessario un modello alternativo basato sulla pianificazione e sulla proprietà comune perché non si può pianificare ciò che non si possiede e se non pianifichiamo sono le regole del mercato chelo fanno”. “Dobbiamo combattere – ha concluso – nel breve periodo per questioni come Federico, ma nel lungo per i nostri figli e i nostri nipoti. Per noi significa combattere contro ogni taglio salariale, ogni chiusura di fabbriche e ospedali e voi state mostrando la via perché voi ci state mostrando come farlo. E’ bello ricevere un premio. C’è un premio che condividiamo tutti: essere parte di questa lotta”.

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