Dal congresso mondiale di Madrid, i reumatologi italiani fanno il punto: 5 milioni di italiani colpiti con rischi che aumentano più le diagnosi sono in ritardo. La necessità di creare reti regionali che, altrove, funzionano con successo
In Italia si registrano ancora troppi ritardi nella diagnosi delle malattie reumatologiche, soprattutto riguardo alle artropatie infiammatorie che sono le più gravi ed invalidanti. L’artrite reumatoide viene individuata con ritardo, a volte anche uno o due anni dopo l’esordio dei primi sintomi. Per la spondilite anchilosante il paziente può aspettare anche fino a cinque anni. Si tratta di un gruppo di patologie potenzialmente invalidanti che colpiscono in totale il 3% degli italiani. Quando non vengono riconosciute in tempo possono determinare danni irreversibili all’apparato locomotore. Inoltre in alcune Regioni l’assistenza reumatologica ambulatoriale e ospedaliera è insufficiente. Le liste di attesa risultano lunghe e i ritardi, sia nella diagnosi che negli interventi terapeutici, rischiano di prolungarsi ulteriormente con conseguenze serie per i malati. E’ questo l’allarme lanciato dalla Società Italiana di Reumatologia (SIR) in occasione del Congresso EULAR (European League Against Rheumatism) che si è aperto a Madrid.
Nella capitale spagnola, fino a sabato, sono riuniti oltre 15 mila specialisti da tutto il mondo per fare il punto su malattie in forte crescita nel Vecchio Continente. “Per garantire una migliore assistenza a tutti i pazienti chiediamo l’attivazione, su tutto il territorio nazionale, delle reti reumatologiche regionali – afferma il dott. Luigi Sinigaglia, Presidente Nazionale della SIR -. In Paesi come Germania, Francia o Spagna questi network territoriali sono attivi da diversi anni e hanno ottenuto risultati straordinari in termini di facilitazione dell’accesso alle cure e di razionalizzazione delle spese. In Italia esistono strutture sanitarie di assoluta eccellenza tuttavia manca un’uniformità nell’assistenza. Auspichiamo quindi che le Istituzioni nazionali adottino un modello vincente anche perché la nostra Penisola presenta un rapporto tra abitanti e presenza di reumatologi tra i più bassi a livello continentale”. “
Le malattie reumatologiche colpiscono oltre 5 milioni di cittadini italiani per un totale di 120 milioni persone in tutta Europa. Rappresentano la prima causa di disabilità del Vecchio Continente e i costi totali ammontano a 240 miliardi di euro l’anno. “Le più esposte risultano le donne in età lavorativa e riproduttiva e questo spiega il grande impatto socio-economico che determinano – sostiene il prof. Carlomaurizio Montecucco, Presidente di FIRA ONLUS -. Una delle chiavi per sconfiggere le patologie reumatologiche è riuscire ad incrementare la ricerca clinica e di base per trovare nuove opzioni di trattamento e nuovi marcatori diagnostici. In questo settore la reumatologia italiana risulta all’avanguardia in Europa, nonostante alcune carenze strutturali e organizzative nella rete assistenziale. Al Congresso EULAR di Madrid il nostro Paese si colloca ai primissimi posti per numero di studi e lavori scientifici presentati. Per salvaguardare questo importante patrimonio servono però maggiori risorse e investimenti nonché maggiore coordinamento tra i vari centri. La sfida del futuro è riuscire ad approfondire le nostre attuali conoscenze sui meccanismi patogenetici che sono alla base di quasi tutte queste patologie”.
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