Il segretario dem nella redazione romana dell'agenzia di stampa intervistato dal direttore Vittorio Oreggia e dalla giornalista Elisabetta Graziani. Favorevole a un confronto con Di Maio ma esclude "ogni alleanza con M5S: la sua idea di democrazia non è la nostra"

Separare il ruolo di premier da quello di segretario del partito “è inevitabile”, Maurizio Martina dixit. Nel corso del video forum di oggi nella sede di LaPresse, che apre il nuovo format "PoliticaPresse", il segretario Pd annuncia anche l’intenzione di trasformare la direzione del partito, rendendola al 50% composta dai territori. “La direzione nazionale sia fatta per il 50 per cento da amministratori di circolo e dirigenti locali, indipendentemente dalle correnti”. Una risposta a quanti come Matteo Richetti chiedono la fine delle ‘logiche viziose’ che hanno impedito a una nuova classe dirigente di emergere, schiacciata dai cosiddetti signori delle tessere. Con riferimento al doppio incarico il segretario spiega poi che c’è la possibilità concreta di modificare lo Statuto dem: “è in corso un lavoro della nostra commissione interna”, indispensabile dopo il mutato sistema elettorale.

Primarie, congresso, Unione europea e Casaleggio associati, Flat tax e controproposte Pd. Il colloquio con Martina spazia a 360 gradi sui temi caldi del momento. Il segretario non si sbottona circa una sua ricandidatura in vista delle primarie che si terranno a febbraio e saranno di rigore “aperte” ai non iscritti. Conferma però che il suo mandato scade “a fine ottobre quando faremo il Forum per l'Italia a Milano”. Dopo, la trafila è nota: assemblea e indizione del congresso. D’altronde il compito del segretario è quello di “lavorare con tutti, unitariamente”. “Io volevo dare un contributo, non ho mai vissuto la leadership come un fatto personale”, sottolinea Martina. E conferma il suo fair-play: “Faccio il muratore e mi metto lì a lavoro, indipendentemente dal ruolo”.

La comunicazione  – Il segretario ammette qualche gap nell’efficacia della comunicazione, lontana dall’essere al passo con il terzo millennio. “Abbiamo dei limiti, ma anche un confine che considero un valore. Manipolare l'opinione attraverso un mezzo di comunicazione non è un valore. Cinquestelle e Lega utilizzano molto meglio i social, ma io non mi spingerò mai dove si sono spinti loro, non userò mai fino all'esasperazione parole pericolose”. Per il Pd la scommessa è “potenziare i social, ma secondo determinati confini”.

Target –  Proprio non ci sta Martina ad accettare il verdetto che darebbe per spacciato il Partito democratico. "Ci sto male – ammette – e poi non è affatto vero". Anzi, "sono sempre di più quelli che incontro per strada e mi dicono di essere delusi dal governo M5S-Lega: sono tutti elettori di centrosinistra. A loro dobbiamo dare una risposta". A loro e ai delusi di centrodestra. Nessun rischio 'post-ideologico', garantisce il segretario. "Il Pd può rivolgersi agli uni e agli altri. Se c'è un moderato che crede nell'Europa e non si riconosce più in Forza Italia perché dovremmo respingerlo?"

La Ue in pericolo – Martina mette in guardia dalla “spirale illiberale” innescata dai gialloverdi e dai rischi che corre la democrazia italiana. E, non da ultimo, l’Unione europea. “Se l’Ue è in pericolo? Sì, assolutamente sì. Penso ci sia un disegno chiaro: forzare, forzare, forzare perché la forzatura è per loro l'unico modo di giustificare l'impossibilità di tramutare in fatti le promesse elettorali”. Detto questo, Martina dice di condividere “lo spirito” del manifesto antisovranista di Emmanuel Macon che mette in moto le famiglie europee, ma non fino al punto di sottoscriverlo come ha fatto Matteo Renzi.

No a M5s – Il segretario esclude poi ogni possibilità di alleanza futura con il M5S anche in caso di voto anticipato, alla luce di quanto dichiarato e fatto nei primi sei mesi di governo Salvini-Di Maio. “Lo escludo, per quello che è accaduto in questi 100 giorni. L'idea di democrazia che ha Di Maio – dice – non è la mia, l'attacco alla stampa di questi giorni è quello che più lontano c'è da noi”. 

Il confronto – Martina si dice pronto a un confronto diretto con i due vicepremier, televisivo o meno. “Vorrei parlare con Di Maio di fronte a me di reddito di cittadinanza, vorrei chiedergli: ma una famiglia di dipendenti, con un figlio e un mutuo, cosa avrà da questa manovra? Avranno solo l'aumento del mutuo, ma il reddito di cittadinanza non lo avranno, la pensione di cittadinanza non ne parliamo, la Flat tax no perché non sono lavoratori a partita Iva. E non avrei difficoltà a fare un confronto anche con Salvini sull'altra questione, la Flat tax”.

Litigiosità nel Pd – E, a proposito dell’alto tasso di litigiosità interno al Pd rispetto alla struttura quasi ‘militare’ del M5S e della Lega, ammette che sì, è vero, ma non scambierebbe mai “la fatica della sintesi e del compromesso” con “il modello del sondaggio di Berlusconi degli anni 2000 e della Casaleggio” perché il rischio è il superamento della democrazia rappresentativa. “"Io non rinuncerei mai a questa fatica, non vorrei mai un suggeritore". Parola di segretario.

 

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