Di Alessandra Lemme Roma, 29 ott. (LaPresse) – Il sindaco di Roma Ignazio Marino ha firmato la lettera con la quale ritira le dimissioni presentate il 12 ottobre. Qualche minuto prima delle 16.30 arriva dal Campidoglio la nota con la quale il primo cittadino di Roma annuncia di aver cambiato idea: non si dimette più, o quanto meno non intende farlo senza prima passare dall’aula dell’assemblea capitolina, come sottolinea nella lettera di dimissioni, nella quale scrive che “non è giusto eludere il dibattito pubblico”. Il comunicato con il quale Ignazio Marino prova a rimettersi in gioco arriva 17 giorni dopo l’annuncio delle sue dimissioni e tre giorni prima che diventassero definitive e irrevocabili. Sedici minuti dopo, un’altra nota comunica invece le dimissioni del vicesindaco: Marco Causi, entrato in giunta in estate come vice di Marino con delega al Bilancio, non ci sta più e dice addio alla giunta del marziano. Di lì a poco si dimettono altri sei assessori: Stefano Esposito, responsabile dei Trasporti, Luigina Di Liegro, al Turismo, Maurizio Pucci, titolare dei Trasporti, e Giovanna Marinelli, alla Cultura. Pronto a farsi da parte, per tornare a fare il magistrato, anche l’assessore alla Legalità Alfonso Sabella, e deciso a chiudere l’esperienza anche il responsabile della Scuola Marco Rossi Doria.

La giunta, con tre assessori assenti e quattro dimissionari, si riunisce alle 19.30 per prendere le ultime decisioni tecniche e va avanti fino a tarda sera per chiarire i nuovi assetti dopo l’ennesimo colpo di scena del sindaco. Il presidente del Pd e commissario del partito a Roma, Matteo Orfini, consapevole della scelta di Ignazio Marino dopo l’incontro notturno di ieri in casa di Causi, convoca nel pomeriggio i 19 consiglieri capitolini del Pd per decidere come rispondere alla decisione del chirurgo dem. Le ipotesi sul tavolo per mandare a casa Marino a questo punto sono due: dimissioni in blocco dei consiglieri per far decadere l’assemblea capitolina o mozione di sfiducia contro il sindaco. In ognuno dei due casi, il Pd ha bisogno di 25 voti in assemblea capitolina e dunque scatta la caccia ad appoggi anche nell’opposizione, dopo il no secco arrivato sia da Sel sia dal Movimento 5 stelle. Nonostante Ignazio Marino ripetesse da giorni di non aver preso una decisione definitiva in merito alle dimissioni, chi più degli altri sperava di arrivare al 2 novembre senza sindaco erano proprio i consiglieri capitolini del Pd, preoccupati di dover fare le spese del muro contro muro in atto tra sindaco e partito.

A fine pomeriggio Stefano Esposito annuncia che i 25 dimissionari ci sono, ma su quanto la scelta accresca i malumori interni alla compagine Pd capitolina non si pronuncia. Tre ore dopo il ritiro delle dimissioni, in piazza del Campidoglio arrivano anche circa venti militanti del movimento di estrema destra Casapound che sventolando bandiere dicono di voler sostenere Marino e manifestano al grido di: “Marino resisti, resta con noi, fai a brandelli il Pd”.

La giunta si chiude poco prima delle 23 con poche informazioni riguardo al futuro politico del Comune di Roma. Ma tra le delibere approvate c’è quella riguardante la pedonalizzazione dei Fori, ampliata ma non completata. Il testo approvato non porta infatti alla pedonalizzazione integrale: lungo la strada che collega piazza Venezia al Colosseo nei giorni feriali continueranno a circolare autobus e taxi. Dal 26 dicembre 2015 al 26 dicembre 2016 via dei Fori Imperiali sarà interdetta a tutti i mezzi a motore solo nei weekend, nei festivi e nelle cosiddette giornate di ‘ponte’. Ignazio Marino non riesce, almeno per ora, a completare il progetto lanciato in campagna elettorale, e deve accontentarsi di un risultato parziale: “La sperimentazione dovrà condurre anche la riorganizzazione complessiva della viabilità collaterale – si legge in una nota del Campidoglio -. Via dei Fori Imperiali sarà integralmente pedonale h24 anche durante le feste natalizie, dal 25 dicembre 2015 al 6 gennaio 2016 compreso”.

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