Tra gli argomenti del bilaterale anche i centri in Albania. Discusso anche il tema Ucraina, dall'Italia niente ok a Kiev per uso missili su territorio russo

Non bisogna avere timore ad esplorare soluzioni nuove” per contrastare il fenomeno dell’immigrazione illegale di massa. È asse tra Giorgia Meloni e Keir Starmer sul dossier migranti. Nel bilaterale andato in scena al Casino del Bel Respiro di Villa Doria Pamphilj, a Roma, i due leader hanno condiviso una linea d’azione che punta a intensificare la lotta al traffico di esseri umani, unendo molto di più gli sforzi e lavorando a una maggiore cooperazione di sicurezza tra le forze di polizia, i servizi di intelligence e le autorità giudiziarie. Un approccio che punta a massimizzare la collaborazione tra i partner europei e globali, utilizzando più e meglio anche realtà come Interpol e Europol. Nel corso del faccia a faccia col premier britannico, il terzo dopo quelli a Washington e Oxford, la presidente del Consiglio ha ricordato come “da tempo ormai i due governi lavorano fianco a fianco per cercare risposte strutturate di lungo periodo alle numerose grandi sfide del nostro tempo”. L’appuntamento è quindi servito per adottare una Dichiarazione congiunta che conferma l’ambizione di entrambi “a continuare a rafforzare e approfondire il partenariato strategico tra le due Nazioni in ogni ambito di comune interesse“. Ecco quindi che tra le altre cose si è concordato di promuovere congiuntamente partenariati sulla migrazione con i paesi di origine e di transito – approfondendo al contempo la cooperazione attraverso misure pratiche come i rimpatri umanitari volontari – e di esplorare ulteriori aree di azione comune.

Sul tavolo anche il protocollo Italia-Albania

Insomma, come ha spiegato Meloni dopo l’incontro e la successiva colazione di lavoro, il tema migranti è stato “ampiamente discusso”. E sul tavolo è così finito anche il protocollo Italia-Albania, “soluzione per la quale il governo della Gran Bretagna mostra molta attenzione”. Per Starmer, d’altronde, “l’Italia ha dimostrato che si può fare” la lotta ai trafficanti di esseri umani. “Qui ci sono state delle riduzioni piuttosto drastiche” degli arrivi, ha aggiunto, dopo aver visitato in mattinata, accompagnato dal ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, il Centro nazionale di coordinamento per l’immigrazione istituito al Dipartimento per la pubblica sicurezza. “L’immigrazione irregolare è una sfida comune – ha messo in chiaro il premier laburista -. Ho sempre affermato che prevenire le partenze delle persone sia meglio che gestirne gli arrivi. Noi siamo molto pragmatici, quando vediamo una sfida, ne discutiamo con i nostri amici e alleati, e parliamo dei diversi approcci da mettere in campo valutando cosa funziona e cosa no”. E per Meloni il modello Albania può diventare “una chiave di volta per affrontare in maniera diversa il tema dei flussi”. Per l’apertura dei due centri di Shengjin e Gjader servirà ancora “qualche settimana”, ma Meloni è tornata a ribadire che “non si può sostenere che quello che l’Italia fa con l’Albania viola i diritti umani dei migranti. Questa accusa non trova fondamento perché la giurisdizione nei centri è italiana ed europea, quindi questi migranti avranno esattamente lo stesso trattamento che avrebbero avuto a Lampedusa o in qualsiasi altro hotspot italiano”.

L’Ucraina e il tema dei missili a lungo raggio a Kiev

L’altro tema caldo all’ordine del giorno è stato quello della guerra in Ucraina, con Meloni e Starmer che hanno ribadito il sostegno a Kiev. Il leader britannico ha ringraziato la premier “per la sua leadership così forte soprattutto per quanto riguarda l’Ucraina” ma ha aggiunto che quella della Russia “è una guerra illegale” e l’Ucraina “ha il diritto all’autodifesa. Credo sia molto importante come questione di principio mettere l’Ucraina nella migliore condizione possibile“. La Gran Bretagna spinge d’altronde per consentire a Kiev di utilizzare i missili a lungo raggio per colpire in profondità in territorio russo. Linea che tuttavia l’Italia non può sposare. “Queste sono decisioni che prendono le singole nazioni, i singoli paesi che forniscono questi armamenti, anche tenendo in considerazione quelle che sono le loro legislazioni di riferimento, la loro Costituzione – ha ricordato Meloni -. In Italia questa autorizzazione oggi non è in discussione, e questa posizione è perfettamente condivisa all’interno di tutta la maggioranza di governo”. Il no di Roma, tuttavia, “non va letto come un indietreggiare rispetto al sostegno” a Kiev, ha voluto precisare la premier, concludendo: “L’Italia sta facendo il massimo che può fare per sostenere l’Ucraina a dispetto di quello che delle volte sento dire”.

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