Il segretario dem: "Con Draghi al Colle difficile tenuta del governo"
Le priorità ora “sono altre”, ma guardando all’elezione del presidente della Repubblica non si può che auspicare “una maggioranza larga” con Giorgia Meloni, ovviamente, della partita. Enrico Letta rifugge qualsiasi pronostico e non si sbilancia su nomi e strategie, le idee tuttavia sono chiarissime. “Ho sempre detto che cominciare troppo presto la discussione sul Quirinale avrebbe distratto dalle altre priorità come la pandemia che ha un rigurgito in tutta Europa, la legge di bilancio e mettere a terra il Pnrr di cui finora si è solo parlato. Sono tre priorità per le quali non c’è bisogno di alcuna forma di distrazione”, rimarca rinviando la discussione a gennaio. “In una situazione emergenziale, è bene che il presidente o la presidente venga eletto da larga maggioranza e abbia un largo sostegno e consenso, sarebbe contraddittorio il contrario”, spiega il segretario del Pd in diretta su Corriere.it. Per questo sarebbe deleterio affrontare il dossier con troppa carne al fuoco, perché per il successore di Mattarella serve concentrazione, la giusta propensione di partiti e politica a dare una risponda forte e non un capo dello Stato dimezzato, è il ragionamento. Quello che si deve evitare, per il leader dem, è consegnare il paese a una “crisi politica” e a “elezioni anticipate che vuol dire sei mesi di blocco e io credo che non possiamo permettercelo”. Insomma Letta rimanda al mittente le voci che lo vorrebbero attivo insieme al fronte di chi vorrebbe le urne anticipate e conferma: “Draghi sta facendo molto bene. Se restasse a palazzo Chigi sarebbe una cosa positiva”. Anche perché, sottolinea, con l’ex capo della Bce al Colle, sarebbe difficile tenere la maggioranza, “fatichiamo molto in Parlamento”.
Letta e Salvini, insomma, la pensano esattamente allo stesso modo. “Di Quirinale ne parlo a gennaio, non tiro per la giacchetta nessuno. Io sto incontrando un sacco di gente senza raccontarlo in giro”, è il refrain del segretario leghista, che assicura: “Vedrete che saremo gli unici a essere compatti. Riusciremo a vincere dimostrando di essere granitici”. Salvini, incontrando i deputati della Lega, infatti, ribadisce “che la scelta del Presidente della Repubblica sarà fondamentale” anche perché il successore di Mattarella sarà un interlocutore per ben “tre legislature: l’attuale, la prossima e quella successiva ancora”. Nessun nome da sfoderare, anche perché ufficialmente, resta Silvio Berlusconi il candidato del centrodestra, qualora si renda disponibile per la corsa verso il Quirinale. Ad Arcore infatti il sogno dell’ex premier non è stato ancora stato messo nel cassetto, con le ‘consultazioni’ che non si fermano e il pallottoliere che si aggiorna, pur nella consapevolezza che se Draghi o Mattarella fossero in campo, Berlusconi resterebbe fuori dal terreno di gioco.
Intanto dal Colle più alto di Roma il suo inquilino organizza l’ultimo mese del suo settennato. Ufficiale la visita di “commiato” in Vaticano il 16 dicembre quando incontrerà Papa Francesco. Un appuntamento che, per il cattolico Mattarella, è una tappa importante anche per il rapporto quasi simbiotico che entrambi hanno avuto in questi sette anni, pur stando dalle due parti opposte del Tevere. E mentre al palazzo dei Papi si cominciano a preparare gli scatoloni, il Parlamento si interroga su quando il presidente della Camera, Roberto Fico, convocherà i grandi elettori. Il 3 gennaio l’ufficialità, con fior di costituzionalisti che mettono nero su bianco le perplessità e gli impedimenti tecnici che ci sarebbero qualora un premier fosse promosso a nuovo capo dello Stato. “Se Draghi fosse eletto al Colle si dovrebbe dimettere subito da premier, tra quel momento e il giuramento c’è un lasso di tempo che può esser modificato. A quel punto si tratterebbe solo di gestire questo passaggio, il governo sarà retto dal ministro più anziano, Renato Brunetta, e il nuovo presidente della Repubblica comincerà le consultazioni per nominare il nuovo premier”, semplifica il giudice emerito della Corte Costituzionale, Sabino Cassese. Rumors di palazzo invece parlano di uno spostamento della data dal 18 al 24 o 26 di gennaio, prevedendo una sola votazione al giorno, così da avvicinarsi il più possibile al 3 febbraio, data di scadenza del mandato di Mattarella. Il tutto per evitare ingorghi ed eventuali meccanismi che potrebbero incepparsi, sia nel caso che Draghi fosse eletto sia, trapela da fonti parlamentari, che ci fosse il bis di Mattarella.
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