I dem hanno presentato il disegno di legge che vieta la rielegibilità del capo dello Stato e interviene sull'esercizio del potere di scioglimento delle Camere negli ultimi sei mesi del mandato dell'inquilino del Coll

Il Partito democratico risponde presente all’invito del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, e presenta il disegno di legge che vieta la rielegibilità del capo dello Stato e interviene sull’esercizio del potere di scioglimento delle Camere negli ultimi sei mesi del mandato dell’inquilino del Colle. Quindi basta bis al Colle, ma non per la prossima elezione. Due articoli, che vanno a modificare l’85 e 88 della Carta, ma che in realtà nascondono un messaggio in bottiglia indirizzato proprio all’attuale capo dello Stato. E per capire la mossa dem – a due mesi della fine del mandato di Mattarella e con il pressing in atto praticamente bipartisan per un suo bis – bisogna riavvolgere il nastro e tornare al febbraio scorso quando il capo dello Stato, ricordando Antonio Segni, aveva concordato con lui che un settennato era “sufficiente a garantire una continuità nell’azione dello Stato” e che la possibilità di una rielezione poteva far emergere il sospetto che qualche atto del presidente “fosse compiuto al fine di favorirne la rielezione” stessa. E a questa considerazione si aggiunge anche la necessità di cancellare il cosiddetto ‘semestre bianco’. Una disposizione che, dice Mattarella citando ancora Segni “altera il difficile e delicato equilibrio tra poteri dello Stato e può far scattare la sospensione del potere di scioglimento delle Camere in un momento politico tale da determinare gravi effetti”.

Primo segnale di contrarietà – pronunciato in tempi non sospetti – da parte di Mattarella a un eventuale remake di quanto accaduto con il bis di Giorgio Napolitano. Una convinzione, condivisa anche da diversi costituzionalisti, che per il presidente non solo va a colmare una stortura già evidenziata dall’Assemblea costituente, ma che nello stesso tempo vuole evitare che l’eccezione del 2013 diventi una prassi inaccettabile. E Mattarella torna sul tema, solo tre settimane fa, ricordando un altro suo predecessore, Giovanni Leone, che allo stesso modo di Segni aveva caldeggiato un intervento in Costituzione. Le sue parole che pesano come macigni, a poco più di due mesi dalla convocazione del Parlamento in seduta comune e con i partiti pronti a sposare un bis, per evitare una eventuale debacle. In questo contesto si inserisce la proposta di legge a firma del presidente della Commissione Affari Costituzionali del Senato, Dario Parrini e del’ex capogruppo Pd, Luigi Zanda, che oggettivamente elimina la possibilità per il presidente della Repubblica di essere rieletto, ma in se fornisce a Mattarella la rassicurazione che dopo questa tornata elettorale, e solo dopo, questo non sarà più possibile. L’eccezione, insomma, questa volta concessa per diverse motivazione – tra cui mantenere la stabilità con un paese ancora piegato dalla pandemia e l’attuazione del Pnrr -non potrebbe essere più riproposta.

Tecnicamente infatti il ddl dovrà affrontare quattro letture in Parlamento ed un eventuale referendum, se non verrà approvata con maggioranza assoluta. Quindi tempi lunghi se non lunghissimi in caso di intoppi nelle due Camere. Nello specifico l’articolo 1 della legge Parrini-Zanda introduce, all’articolo 85 della Costituzione, un divieto assoluto di rielezione del Presidente della Repubblica. “Al primo comma dell’articolo 85 della Costituzione sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: ‘e non è rieleggibile'”, si legge. L’articolo 2, invece, abroga integralmente il secondo comma dell’articolo 88 della Costituzione e cioè del semestre bianco: l’introduzione del divieto di rielezione fa cadere la ratio alla base dell’istituto, ovvero quella di avere delle Camere favorevoli alla propria rielezione, che quindi può essere integralmente abolito.

Ora se la mossa dem sortirà il risultato sperato, non è facile prevederlo, anche se lo stesso Stefano Ceccanti nega che la proposta abbia qualcosa a che vedere con l’appuntamento con gennaio, il pressing dal Nazareno è già partito per convincere Mattarella. Una cosa è certa, l’atto non è casuale e la certezza, in ambienti democratici è che non sia sgradita al soglio più alto del Colle, anche perché ricalca il pensiero di Mattarella sull’importanza di un limite temporale al potere delle cariche monocratiche.

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