La lista civica 'Zaia presidente', con il 44.57%, ha ribaltato quella della Lega al 16,93%

Al termine delle elezioni emerge una Lega a due facce. C'è Matteo Salvini che vede la sua leadership un po' ammaccata, perché il pronostico di 7-0 alle regionali si è scontrato con la realtà e la partita è finita con una vittoria 4-3 in rimonta. Che fa 15-5 a livello nazionale, ma non è la goleada che sognava alla vigilia. E poi c'è Luca Zaia, 'Doge' riconfermato alla guida del suo Veneto, che respinge il corteggiamento delle sirene della politica romana, ma rivendica il ruolo portante degli amministratori nella Lega. Che nella Marca ha visto un mentore, ad esempio, in Gian Paolo Gobbo, ex sindaco di Treviso, osannato a caldo dai militanti. E da queste parti punta all'"autonomia subito", con tanto di punto esclamativo, come si legge nella bandiera con il Leone di San Marco, esposta fuori dal K3, sede storica del Carroccio a Fontane di Villorba, nel Trevigiano, accanto a quella della Lega Salvini premier.

Insomma, un binomio che, a guardare con la lente di ingrandimento i risultati delle elezioni regionali in Veneto, ormai ribattezzato 'Zaiastan', ha un vincitore clamoroso nel governatore. La lista civica 'Zaia presidente', con il 44.57%, ha ribaltato anche quella della Lega, 16,93%. Un successo che, in generale, per il presidente rappresenta "il master dopo la laurea del 2015. Dopo dieci anni, il Veneto è in prima fila. Saranno cinque anni di rivoluzione pacifica totale", promette.

Se Salvini analizza il voto guardando il bicchiere mezzo pieno: "Problema con Zaia? Una vostra fantasia. Vorrei averne tutti i giorni problemi così", il governatore più votato nella storia delle Regioni (76,8%) non ha alcuna intenzione di polemizzare con il segretario. Anzi. Riconosce al Capitano il merito di aver risollevato la Lega dal 3% fino al 30%, ribadisce di non ambire a cercare di fargli le scarpe ("Non ho velleità nazionali, non è nelle mie corde", ammette). Ma dice la sua con più autorevolezza, che già non gli mancava vista la militanza di lungo corso. Il Doge paragona la guida di un partito a quella di un volo internazionale e sottolinea: "Bisogna avere stabilità". Ma il suo ragionamento va oltre: "Penso che i cittadini apprezzino il ruolo degli amministratori. Bossi ha fatto grande la Lega. Però secondo me non l'ha fatta grande solo con le visioni, la Padania e la Secessione, ma con dei grandi amministratori che hanno portato il consenso". "Noi – ammette Zaia – abbiamo difficoltà dove non abbiamo amministratori".

Ma il bello della politica è anche questo: basta un WhatsApp per creare dibattito. Il motivo del contendere in questo caso? I complimenti fatti dal segretario leghista al governatore in modo 'freddo', secondo i più maligni. Il messaggio di Salvini "è più che sufficiente. È come quando a casa non parli ma basta lo sguardo. Matteo è stato tra i primi a messaggiarmi", smorza i toni il Doge. Poi la mano tesa del leader: "Io con Luca vado e andrò sempre d'accordo ed è il primo a cui ho fatto i complimenti".

Certo è che c'è un tema su cui Zaia non transige. È l'autonomia, che considera "la madre di tutte le battaglie". Quindi, chiarisce: "A me non risulta che ci sia un'anima contro l'autonomia nella Lega. È inevitabile che un partito grande come il nostro abbia estrazioni culturali diverse". E non manca un'altra stoccata del governatore, che lascia libertà di interpretazione: "La vera vittoria è l'affluenza alle urne, con il 61%. Questo è il popolo che sceglie per il popolo: i veneti che scelgono per i veneti. Finché si mantiene l'identità, resta il consenso. Quando non c'è più l'identità, si perde il consenso".

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