Il risultato rafforza il Pd che acquista potere "contrattuale". Il premier ora alle prese con riforme e Mes
Palazzo Chigi non commenta, a caldo, i risultati elettorali. E' giusto, osserva Giuseppe Conte, che siano gli esponenti delle forze di maggioranza, direttamente impegnati nella campagna elettorale, ad esprimersi per primi. Ma è difficile nascondere la soddisfazione del premier per l'esito di una tornata elettorale che rischiava di essere assai insidiosa per il governo.
Superato lo scoglio delle misure anti Covid, l'ampia vittoria del Sì al referendum, per cui lui stesso si è schierato apertamente come per l'alleanza Pd-M5s mai accolta con troppo entusiasmo dagli interessati, dà nuova spinta all'azione dell'esecutivo e della maggioranza. Che ora si prepara a riaprire in Parlamento il cantiere delle riforme, con il ruolo del Pd 'rafforzato' dalla vittoria in Toscana e Puglia. Débacle evitata nelle 'Regioni rosse' considerate a rischio fino all'ultimo momento – e i sondaggi vedevano Giani ed Emiliano sul filo del rasoio – ora Conte può tirare un sospiro di sollievo, come il segretario Dem Nicola Zingaretti, che ha sentito nel pomeriggio, e che dice apertamente: "Ha perso chi voleva far cadere il governo".
Il futuro prossimo, anzi quasi presente, è ricco di impegni: già questa settimana il premier è atteso al Consiglio europeo, entro il 27 va presentata la nota di aggiornamento al Def, entro il 15 ottobre una bozza di legge di bilancio e del recovery plan italiano. Ma il risultato che rafforza Conte rafforza anche, soprattutto a il Pd di Nicola Zingaretti che acquista nuova forza e nuovo potere 'contrattuale' all'interno dell'esecutivo. Basta per chiedere di cambiare la squadra? "Va fatta una riflessione su come aprire una fase nuova – rivendica il vicesegretario Pd Andrea Orlando parlando al Nazareno -. Né rimpasto né altro, ma un punto per ripartire".
Di nuovi ministri, chiarisce Zingaretti, al più ne può parlare. Lontani dai taccuini l'ipotesi non è nemmeno così remota, e del resto sono mesi che circolano ipotesi più o meno fantasiose di mire Pd su alcuni ministeri pentastellati. I M5s per ora stanno a guardare, con sospetta cautela, che arrivi la prima mossa. La realtà è che il primo punto su cui i Dem sono pronti a dare battaglia è il Mes, ed è proprio questo che impensierisce il premier. Il Nazareno non ha mai nascosto l'apertura allo strumento che il M5s vede come il fumo negli occhi. E nuove discussioni sono inevitabili: la prima potrebbe arrivare già in settimana, con un vertice convocato sulla Nadef che servirà anche a commentare questo voto.
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