Il pentastellato non manca di tirare una frecciata al titolare del Viminale: "La scelta non spetta a un ministro, devono essere le comunità a richiederlo"
In principio fu Giorgia Meloni, seguita a ruota da Sergio Chiamparino e da Osvaldo Napoli. Un orientamento trasversale, da Fratelli d'Italia al Pd fino a Forza Italia, per chiedere un referendum sulla Tav. Ma se a rilanciare l'ipotesi di una consultazione popolare sulla Torino-Lione è il ministro dell'Interno, nonché vicepremier Matteo Salvini, rimasto finora ai margini del dibattito, allora di prepotenza il tema si inserisce in quella campagna elettorale permanente che il leader leghista sta portando avanti da quando si è instaurato il governo giallo-verde.
Trincerandosi dietro l'attesa dell'analisi costi-benefici, Salvini preme sui tempi (così come richiesto dalle associazioni di impresa e di categoria incontrate domenica) ricordando però che "se non si arrivasse a una decisione, chiedere ai cittadini cosa ne pensano" potrebbe essere una strada.
La proposta leghista viene accolta con freddezza dai 5 stelle di governo e piemontesi, dato che lo stesso ministro delle Infrastrutture Danilo Toninelli aveva categoricamente escluso l'idea. Il vicepremier pentastellato Luigi Di Maio, forse per paura di restare all'angolo sulla partita delle infrastrutture, cerca di aprire uno spiraglio, ma non manca di tirare una frecciata al titolare del Viminale: "Non è un ministro che può decidere di fare un referendum, ma i cittadini delle comunità a richiederlo". Dunque, aggiunge se "c'è il tema di una comunità che chiede il referendum, chi siamo noi per impedirlo? Se lo chiedono i cittadini chi siamo noi per opporci?". Infatti, un referendum consultivo non può essere indetto a livello nazionale, in quanto non previsto dalla Costituzione, ma può essere promosso solo a livello locale e riguardare quindi gli abitanti di un Comune o di una Regione, così come ipotizzato dal presidente Piemontese, Chiamparino che da Torino lancia comunque un monito: il referendum non sia l'ennesimo "alibi" del governo per non assumersi la responsabilità di decidere. I tempi li vuole dettare lui: decidano e se sarà no "io per primo chiederò al Consiglio regionale di indire un referendum".
Lo stesso governatore può vantare intanto una prima vittoria: la Città metropolitana di Torino ha votato a favore della Torino-Lione. Un documento si Tav, approvato da 169 tra sindaci e consiglieri delegati su 186 presenti, con un via libera che arriva a due giorni dalla manifestazione No Tav. La sindaca Chiara Appendino ha scelto di non partecipare al voto, esattamente come aveva fatto un mese e mezzo fa quando il suo Consiglio comunale ha approvato un ordine del giorno contro l'opera. Il documento impegna la sindaca a "riconoscere i benefici dell'opera per l'intero territorio metropolitano" e a "svolgere ogni azione finalizzata a sostenerne la realizzazione nei tempi previsti". Una trappola, tesa alla sindaca 5 Stelle che presiede la conferenza dei sindaci metropolitani ma che nell'assemblea, non ha la maggioranza. "Aspettiamo la conclusione dell'analisi costi benefici e l'analisi giuridica su eventuali costi di sospensione dei lavori, che dovrebbero essere concluse entro fine mese", ripete come un mantra Appendino. Ma ormai la sfera ruota inesorabile sul piano inclinato: la fine del 2018 è alle porte. Da gennaio la Commissione tecnica dovrà esprimersi.
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