Il governo vuol fare un punto di Pil dalla dismissione di immobili pubblici "senza toccare i gioielli di famiglia". Ma scavando nel lavoro dell'Agenzia del Demanio viene fuori una situazione ben diversa

Un punto di Pil, 18 miliardi da tirare su in un anno (2019) vendendo beni immobili e quote azionarie oggi in mano pubblica. E' l'obiettivo inserito nella legge di bilancio per far fronte a circa 3,6 miliardi di flessibilità necessari a coprire le spese derivanti dai recenti danni causati dal maltempo e per evitare che il rapporto deficit/Pil salga oltre quota 2,4% nel caso che altri parametri (come la crescita all'1,5%) si rivelino fallaci. Vendere, insomma, nel caso (molto probabile, secondo i tecnici) non si riuscisse a crescere. Ma vendere cosa? "Non i gioielli di famiglia ma solo immobili di ordine minore" ha detto ieri Di Maio intendendo gli edifici che "rappresentano" il nostro Paese (Colosseo, Duomo di Milano, Reggia di Caserta, Reggia di Venaria, Maschio Angioino, Uffizi, Pompei e via elencando) e, probabilmente, neanche le quote azionarie di società come Enel, Eni, Poste o Enav che già sono finite in gran parte sul mercato consentendo nel lontano 2003 (primi anni di privatizzazioni) di incassare per quasi due punti di Pil. Ma tra il 2010 e il 2017, la cifra complessiva incassata privatizzando, non ha superato i nove miliardi in tutto e di azioni da vendere senza perdere le Golden Share, ne sono rimaste pochine.

Detto questo, non resta che andare a gettare un'occhiata nel patrimonio immobiliare pubblico, da anni riunito sotto l'egida della "Agenzia del Demanio", una struttura (sede a Roma, in via Barberini 38), istituita nel 1999 e trasformata in Ente pubblico Economico nel 2003. Mille dipendenti sparsi sul territorio nazionale diretti dal Prefetto Riccardo Carpino. In realtà, valorizzare gli immobili dello Stato vendendoli è solo uno degli obiettivi dell'Agenzia che, più in generale, deve svolgere compiti di manutenzione, utilizzo razionale, gestione efficace e valorizzazione economica, ma anche culturale e funzionale del patrimonio pubblico che le è stato affidato.

Un patrimonio costituito da 30.285 fabbricati e 12.900 aree per un totale di circa 43 mila immobili e un valore complessivo di 60 miliardi di euro. Gli immobili in questione sono di tipologia molto varia: interi edifici, porzioni di fabbricati, singole unità immobiliari, capannoni, chiese, impianti sportivi, infrastrutture, monumenti, etc.. Stesso discorso per le aree (intese come terreni non edificati di proprietà pubblica):  terreni agricoli, aree edificabili, argini, boschi, giardini, siti archeologici, cimiteri di guerra, montagne, miniere, strade ecc. Il 14% circa dei fabbricati ha sede nel Lazio, l'8,4% in Toscana. Seguono: Veneto (8,3%), Sicilia (7,7%), Puglia 7,49%. La Lombardia ne ha il 6,39%. In coda, Umbria, Trentino Alto Adige e Valle d'Aosta. Il fatto è che l'85% di questo consistente patrimonio è costituito da beni oggi utilizzato da strutture governative, il 12% sono parte del demanio storico-artistico o di altro patrimonio inalienabile. Restano 15mila immobili per un valore complessivo pari al 3 per cento del totale (meno di 2 miliardi).

Negli ultimi quattro anni, l'agenzia ha lavorato alacremente per vendere una parte degli immobili ritenuti non strategici. Ogni anno è stato messo in piedi un piano di dismissioni per un migliaio di "pezzi" ogni volta. Mediamente ne sono stati venduti il 30 per cento con un incasso superiore ai 20 milioni all'anno: in tutto, 65 milioni dal 2015 al 2017. Ogni anno si procede  anche ad alcune dismissioni strategiche allo scopo di fare cassa. Tra il 2013 e il 2017 ne sono state concluse 86 per un valore complessivo di 800 milioni.

L'Agenzia lavora anche a valorizzare i beni demaniali attraverso la locazione a privati di strutture particolarmente interessanti dal punto di vista turistico e/o culturale. Il privato, in genere, paga un canone abbastanza contenuto ma s'impegna a importanti interventi di manutenzione che, comunque, rappresentano un risparmio per il Demanio e una valorizzazione dei beni. Tra i progetti più riusciti: quello su "Fari Torri ed Edifici costieri", e quello di "Cammini e Percorsi". 

Per Fari Torri ed Edifici Costieri sono stati messi a gara 28 beni gestiti dall’Agenzia del Demanio di cui 19 aggiudicati (per 7 la gara è ancora in corso e scade il 27 novembre),  per un canone complessivo annuo pari a 470 mila euro; I privati concessionari  si sono impegnati a investimenti per oltre 15,5 milioni di euro;

Per Cammini e Percorsi, ad oggi sono stati messi a gara 46 beni gestiti dall’Agenzia (6 ancora in corso), di cui 11 aggiudicati in concessione gratuita e 4 in concessione di valorizzazione, per un canone complessivo annuo pari a 60 mila euro e 4,5 milioni di euro di investimenti dichiarati dai concessionari.

Fatti tutti i conti, è chiaro che, a meno di cambiare idea sui "gioielli di famiglia" o di trovare grandi investitori disponibili a comprarsi migliaia di palazzi del governo e a riaffittarceli, non è dai beni immobili demaniali che potranno mai arrivare i 18 miliardi di euro che il governo ha messo nella lettera a Bruxelles. E, vista la situazione della Borsa e degli azionariati di grande aziende ancora in mano pubblico, neanche da questo lato sembra ci sia molto da fare. Il rischio è che per incassare questi 18 miliardi si finisca per provare a vendere agli americani il Colosseo. Ma in questo caso dovrebbero scendere in campo Totò e Peppino.

 

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