Prime crepe nel Movimento. L'ala ortodossa non nasconde più l'insoddisfazione per come vanno le cose nel governo giallo-verde. Elena Fattori contesta le incongruenze da quando i pentastellati sono al potere: dall'alleanza con Salvini al dietrofront su tap e Ilva
Il gigante M5S mostra le prime, pericolose crepe. Dopo neanche 6 mesi, l'ala 'ortodossa' del Movimento non riesce più a nascondere l'insoddisfazione e i malumori per come stanno andando le cose nel governo giallo-verde. Dopo la 'resistenza' dei senatori Paola Nugnes e Gregorio De Falco, che non hanno ritirato i loro emendamenti al decreto Sicurezza, sgraditi alla Lega, e la presa di posizione della presidente della commissione Finanze della Camera, Carla Ruocco, che ha invocato il rispetto dei valori Cinquestelle per il decreto Fiscale (sul condono, ovviamente), ora è Elena Fattori a uscire allo scoperto con un durissimo blog sul sito di 'Huffington post'. La parlamentare pentastellata usa la metafora della 'rana bollita' per spiegare il suo punto di vista, la stessa tanto cara anche ad Alessandro Di Battista, che l'ha utilizzata durante diversi comizi, per far capire agli elettori come il sistema dei partiti li abbia cotti a fuoco lento, negli anni, con l'obiettivo di assuefarli al loro stile di governo.
Fattori contesta le incongruenze del Movimento da quando è al potere: dall'alleanza con Matteo Salvini ("che chiameremo 'Contratto'") alla scelta di "un ministro della Famiglia 'tradizionale' forse un po' omofobo, ma pazienza", ai dietrofront su Tap e Ilva, alla valutazione costi/benefici "per decidere sulla Tav e anche sul Ceta ci ragioneremo", fino al "condono fiscale" e quello edilizio "ed eleggeremo come presidente del Senato una berlusconiana doc". La senatrice con amara consapevolezza scrive: "Chi invocherà il rispetto del programma 5 Stelle rischierà sanzioni e persino di essere espulso per non contrariare l'alleato Salvini". Un 'j'accuse' pesante, ma che non prelude a un addio. Anzi, a chi via social le punta il dito contro, ribatte con fermezza: "Non cederò mai, non uscirò mai dal 5 Stelle, se dovessi essere sanzionata per eccesso di coerenza farò ricorso e non mi dimetterò mai".
Il fatto che il focolaio interno sia scoppiato proprio a Palazzo Madama, agita però le giornate del capo politico, Luigi Di Maio. Già alle prese con un pezzo di base incavolato nero per le ragioni esposte dalla Fattori, il vicepremier sa che al perché il vantaggio sulle opposizioni è di appena una manciata di parlamentari. Dunque, non può né attaccare come un panzer, rischiando di far saltare gli equilibri interni al Movimento, né tantomeno arretrare oltre una certa soglia, altrimenti a staccare la spina al governo sarebbe il Carroccio. Le espulsioni sono solo un'ipotesi, ma poi chi garantirebbe al leader che i parlamentari allontanati si dimetteranno davvero? Il ministro dello Sviluppo economico non è ancora finito nell'angolo, e qualche spazio di reazione ce l'ha. Ma il terreno si restringe settimana dopo settimana, mentre davanti a sé si accorcia l'ombra dei suoi 'fantasmi': Grillo, Fico e soprattutto Dibba.
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