L'appuntamento nazionale dei pentastellati questo weekend al Circo Massimo di Roma: cresce la tensione
Il grande bluff è servito, a uso e consumo di Italia 5 Stelle, l'appuntamento nazionale del M5S previsto per sabato e domenica al Circo Massimo di Roma. Una bozza mai diventata testo ufficiale e mai arrivata in quanto tale sul tavolo del presidente Sergio Mattarella, una denuncia annunciata e mai depositata presso la procura della Repubblica. Un'inscenata crisi di Governo, per poi – presumibilmente – '. Il tutto perché? Senz'altro per alzare la posta in gioco, senz'altro per sventare un accordo suicida (per i Cinquestelle) sul condono, andato troppo avanti quindi difficile da smontare se non con una mossa plateale. Ma, in fondo al bicchiere ci sta sempre e soltanto una cosa, il chiodo fisso dei Cinquestelle: l'opinione – intesa come doxa – dell'elettorato che improvvisamente ha cominciato a girare secondo un vento contrario. Elemento imprescindibile per un movimento che si fa guidare dal popolo e lo conduce soltanto quando lo tradisce o rischia di farlo (il condono di Ischia, il silenzio di fronte al caso Lodi e Riace e, per andare più indietro, le primarie con un solo big, il cambio in corsa dello statuto e la doppia morale, il caso Cassimatis a Genova, il dietrofront sull'appartenenza all'eurogruppo di Guy Verhofstadt).
Il rischio per Di Maio è quello di trovarsi nella fossa dei leoni. A Italia 5 Stelle, il M5S non più di lotta ma di governo potrebbe essere per la prima volta contestato dai No Tap e dai No Tav, i primi traditi nelle aspettative e i secondi quasi. Una parte della base è in fermento, come dimostrano i commenti sui social network e l'incubo partecipazione alla kermesse annuale per la quale, sembra, non siano state raccolte neppure tante donazioni. E in fibrillazione sono anche alcuni parlamentari, sempre più difficili da tenere a bada. Da qui, la necessità per il capo politico di agitare lo spettro della 'manina' e la 'sceneggiata' nel salotto di Bruno Vespa, come nella migliore tradizione berlusconiana.
L'eroe Cinquestelle sventa il colpo di mano leghista e 'salva' l'Italia dal governo almeno per metà del suo stesso colore. Così almeno lo dipinge Alessandro Di Battista, sceso dall'Olimpo per indirizzare il suo popolo verso la giusta chiave di lettura della vicenda. Ma dietro la mossa azzardata di Luigi Di Maio, oltre alla paura per il giudizio del tribunale del popolo Cinquestelle, c'è un elemento nuovo che per la prima volta avvicina con più forza il Movimento a un partito: il malcontento di una parte dei 'portavoci' pentastellati, il cui alfiere è Roberto Fico, uscito dalla marginalità a cui lo costringeva il duumvirato Di Maio-Di Battista dopo aver acquisito la carica istituzionale di presidente della Camera. È contro di lui – e non contro il capo politico M5S – che si scaglia Matteo Salvini nel giorno della tempesta quasi perfetta fra grillini e camicie verdi. "Si discute in qualsiasi gruppo, a maggior ragione tra gruppi diversi. Anche noi discutiamo nel M5S. Non è che la pensiamo tutti nello stesso modo, ma poi troviamo la quadra", spiega un sottosegretario a chi chiede lumi. Dietro Fico c'è tutta un'ala del movimento, forse non la più numerosa in Parlamento, ma senz'altro ben rappresentata nell'elettorato. È a loro che si rivolge Di Maio quando sventola il fantasma della denuncia alla procura della Repubblica: all'anima giustizialista del Movimento che non perdona facilmente il tradimento dei valori rappresentati dalle cinque stelle nel simbolo del M5S.
E nei capannelli in Transatlantico alla vigilia di Italia 5 Stelle, i più giovani commentano le prime comparsate in tv e si spiegano a vicenda cosa c'è scritto nella lettera della Ue all'Italia sulla manovra, mentre i più grandicelli arrivati ormai alla seconda (e ultima) legislatura si rintuzzano a vicenda contro la Lega: "Se alzano troppo la posta, rompiamo". Sul terreno c'è la merce di scambio: decreto sicurezza (alla Camera c'è una riunione) e legittima difesa in primis, due provvedimenti ai quali Salvini tiene molto e che spera di portare a casa (sue parole) "prima della legge di bilancio".
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