“Abbiamo bisogno di fatti, le imprese non possono aspettare”. E' questo in sintesi il sentimento che anima le discussioni tra i tanti imprenditori e manager delle industrie torinesi dopo il collasso di un progetto olimpico nato male e fatalmente tramontato in un caos di incomprensioni con il CONI e fratture evidenti all'interno della stessa amministrazione Appendino. Due anni dopo l'elezione a sorpresa di una giovane donna pentastellata a primo cittadino, l'apertura di credito che pure era stata accordata alla figlia di uno stimato imprenditore torinese, sembra essersi esaurita. “Ogni progetto sul tavolo ha finito per arenarsi”, “delle tante idee messe in campo non se n'è concretizzata nemmeno una”. Sono unanimi le voci di chi ha in mano le leve della produzione territoriale, mani che dal 2016 non hanno trovato al Comune il disegno di alcuna strategia. “A Torino ci sono le risorse, ci sono le competenze, c'è la volontà di tantissime pmi all'avanguardia nei rispettivi campi. Manca però totalmente un piano strategico politico, un indirizzo di sistema”. La recente vicenda olimpica è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso della pazienza imprenditoriale: “C'è stata una tendenza alla rinuncia, ancora una volta. Una incapacità di difendere le ragioni di Torino”. L'Appendino lamenta l'isolamento ed un appendono da parte del Governo nazionale. La Torino industriale pare avere elaborato una sua interpretazione: non c'è più una collaborazione tra istituzioni e società civile. “Non è stato fatto nulla per indirizzare o trovare delle strade, per fare sistema. Si è sempre subito quello che capitava all'esterno”.

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