Replica del sindaco meneghino a Valente: "Io incoerente? La mia posizione non è mai cambiata". Giorgetti esprimerà la posizione del governo martedì in Senato
Sala detta le condizioni, il governo rispedisce tutto al mittente. Sulle Olimpiadi invernali 2026 si apre lo scontro tra il sindaco di Milano e palazzo Chigi mettendo seriamente a rischio, a 48 ore dalla scadenza, la candidatura italiana che vede protagoniste anche Torino e Cortina.
In una lettera indirizzata al sottosegretario alla presidenza del Consiglio con delega allo sport Giancarlo Giorgetti, Sala ha rivendicato la posizione di capofila di Milano rispetto a Torino (gestione pentastellata) e Cortina (universo leghista) sostenendo che la città, che è più conosciuta a livello internazionale, "deve essere più visibile" all'interno del brand "o per lo meno la prima". Non solo: Milano, sottolinea il sindaco, non si è mai rifiutata di collaborare a un'ipotesi che comunque "non ritiene la migliore" quando invece reputa di "avere capacità organizzative" per gestire direttamente i Giochi, vedi alla voce Expo2015. E chiede che sia il governo a prendersi la responsabilità amministrativa dell'evento, "responsabilità che non è immune da rischi".
A stretto giro tuona Simone Valente, sottosegretario pentastellato ai Rapporti con il Parlamento, che etichetta le parole di Sala come "ancora una volta non allineate con quanto emerso nel recente incontro a Palazzo Chigi" e insiste: il sindaco, "richiedendo che il brand olimpico ricada esclusivamente o in maniera più visibile su Milano, formalizza di fatto una pretesa insostenibile per tutti coloro che fino ad oggi avevano lavorato con grande impegno a un progetto unitario", aggiunge. Per cui "è arrivato il momento di mettere un punto fermo su questa situazione paradossale: non è possibile procedere quando determinate condizioni proposte da Coni e governo non sono sostenute da una città così importante come Milano a causa delle dichiarazioni del suo sindaco".
Ma il botta e risposta non si arresta, perché da Facebook replica Sala : "È sufficiente prendere le mie dichiarazioni da fine luglio, dopo la riunione al Coni ad oggi, per vedere come la mia posizione non sia mai cambiata". Chi invece, almeno per ora, tace è il leghista Giorgetti, che prende tempo rimandando a martedì, quando sarà audito in Senato, ogni commento in merito. Così come dal Coni non arriva alcuna dichiarazione. C'è un dettaglio non trascurabile: entro 48 ore va definito il da farsi, non esistono più margini per tornare indietro o per prendere strade alternative. Il governo lo sa, Giorgetti lo sa, tutti lo sanno. Buonos Aires (inizio ottobre) non è così lontana e, tra l'altro, proprio in quella sessione Malagò dovrebbe diventare membro del Cio.
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