La lettera di congedo dell'amministratore delegato uscente di Fs dopo la decisione del governo di far decadere l'intero cda

Detto, fatto: all'indomani dell'azzeramento del Cda disposto dal ministro Danilo Toninelli, l'Ad di Ferrovie dello Stato Renato Mazzoncini lascia il suo incarico. Lo fa con una lettera ai dipendenti, in cui denuncia che l'addio a piazza della Croce Rossa, dopo poco meno di tre anni, arriva per la "decisione del nuovo governo di applicare lo spoil system". All'accusa arriva a stretto giro la risposta del governo: "La decadenza del cda di Fs, stabilita nei termini propri di una legge dello Stato, deriva dalla mancata osservanza di una precisa clausola etica dello statuto in relazione alla posizione dell'amministratore delegato", spiegano fonti del Mit. Che poi precisano che non c'è stato alcun atto "contra legem da parte dell'organo amministrativo che ha comunque operato secondo prerogative del tutto legittime". Il riferimento è alla clausola etica presente nello Statuto delle Fs in cui c'è scritto che "costituisce causa di ineleggibilità o decadenza per giusta causa, senza diritto al risarcimento danni, dalle funzioni di amministratore, l'emissione a suo carico di una sentenza di condanna, e fatti salvi gli effetti della riabilitazione".

L'ormai ex Ad di Fs è stato rinviato a giudizio per truffa per il caso di Umbria Mobilità. A consentire l'intervento del governo è la legge Frattini del 2002,  che prevede la possibilità di rimuovere i vertici delle società controllate se nominati nei sei mesi precedenti l'insediamento del nuovo esecutivo.

Si guarda avanti, dunque: il governo vuole indicare i nuovi vertici il prima possibile – forse i nomi saranno già sul tavolo del Cdm di venerdì – e ha annunciato l'assemblea per martedì prossimo, 31 luglio.

Mazzoncini però non ci sta. E oltre ad accusare il governo, nella sua lunga lettera ha rivendicato che "in questo triennio Fs crescendo al ritmo del 18% annuo ha chiuso i migliori bilanci di sempre con un utile medio di 645 milioni di euro, cresciuto del 60% rispetto al triennio precedente" e "ha portato gli investimenti dai 4 miliardi di euro medi del triennio precedente a 6 nel 2017 e a 8 nel 2018 con l'arrivo di Anas. Vale oggi il 2% del Pil del Paese e occupa 81.000 persone dirette e 240.000 con l'indotto". Tra il 2014 e il 2018 "il numero di passeggeri sui treni è cresciuto del 25%".Poi ha sottolineato che "in accordo con le Regioni si rilancia il trasporto ferroviario regionale con il mega investimento di 5 miliardi di nuovi treni che sono in costruzione nelle fabbriche italiane di Hitachi e Alstom" e "Busitalia è passata dal 2012 a oggi da 100 a 600 milioni di euro di ricavi diventando il benchmark del mercato".

In sostanza Fs "è finalmente diventato un grande player europeo capace di crescere in Europa in questi tre anni ben più dei tedeschi, dei francesi e degli inglesi che da anni si dividevano il palcoscenico".Ad attaccare il governo per la decisione di rimuovere i vertici di Fs bloccando la fusione con Anas è anche il Pd, che volle Mazzoncini alla guida del gruppo. "Come cantava Checco Zalone, la Prima Repubblica non si scorda mai. Lega e M5S si muovono secondo le peggiori logiche di spartizione. Sono solo interessati all'occupazione delle poltrone", dice il segretario Maurizio Martina. Critica anche FI: "Mi auguro che il governo faccia prevalere la competenza, perché infrastrutture e grandi opere sono la spina dorsale dello sviluppo", dice la capogruppo alla Camera Mariastella Gelmini.

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