Il "quasi" relatore di laurea di Matteo Salvini, nasce in Olivetti ed è consulente di molte aziende. Sostiene la necessità che M5S e Lega "rifondino l'Unione Europea"
Economista, ex manager Olivetti, quasi relatore di Salvini. Giulio Sapelli attende che il telefono squilli per chiedergli di salire al Colle e accettare l'incarico di provare a formare il primo governo gialloverde. Classe 1947, torinese, laurea di storia economica nella città natale e ricerca a Londra, Barcellona, e Buenos Aires, Sapelli si è fatto le ossa in Olivetti, specializzandosi poi come consulente per le aziende. Nel 1996 è entrato nel Cda di Eni, negli anni è stato presidente della fondazione Mps e consigliere di Unicredit e di Fs. Ha svolto attività di consulenza direzionale, formativa e di ricerca presso l'Isvor Fiat, la Galbani Italia, il gruppo SBN, il Credito Emiliano, Telecom, Tim, l'AGIP Petroli, FS S.p.A., Finmeccanica, Barilla.
Professore di storia economica dell'università di Milano, dove ha insegnato anche economia politica, ha avuto tra i suoi studenti anche un giovane Matteo Salvini, che però poi alla tesi e alle materie economiche preferì la politica. Autore di numerosi saggi, Sapelli è anche editorialista del Messaggero e de Il Sussidiario.net. Proprio sulla testata online sabato ha pubblicato un editoriale dal titolo ' Il vero piano M5s-Lega: smontare la Ue per rifarla'. "Dall'Europa di oggi non promanano leggi ma direttive, ossia una serie infinita e costituzionalmente indefinita di droits acquis, come li definiva Alberto Predieri, droits acquis che via via invadono e ostruiscono le procedure della vita parlamentare nazionale che in una libido ossessiva troppo spesso si limita a trasformarle in leggi dei parlamenti nazionali" scriveva chiedendo: "Ma basta questa legiferazione indotta e convulsa a fondare una nuova legittimità? L'Europa a funzionalità né federale né confederale a sovranità sottratta e non condivisa è una sorta di biblico Behemoth che sguazza in un fango tecnocratico ordoliberista. Ora la patria di Dante dà vita — tra mille pressioni, giochi di specchi, cadute di borsa artefatte, spread minacciati e non esplosi — dà vita a un governo a cui gli italiani non sono più abituati: un governo che nasce dal voto pur con tutte le debolezze di una legge elettorale alchemica e anemica, portatrice di caos".
"L'Europa tecnocratica e delegittimata si sentirà ferita da questo italico ritorno alla democrazia parlamentare. Siano pronti alla battaglia", assicurava sottolineando che "I due giovani leader dei due partiti più votati devono impegnarsi affinché l'Europa, insensatamente preoccupata di un 'populismo' che lei stessa ha provocato, non incrini i suoi rapporti e la sua interdipendenza con gli Stati Uniti". Dunque, "M5s e Lega sappiano rendersi interpreti del bene del paese, assumendosi il compito di uscire dal fiscal compact e poi di rinegoziare i trattati europei".
E poi la presa di distanza dalla battaglia contro i vitalizi: "Non denigrino il Parlamento: fare campagne contro i vitalizi è un atto di lesa maestà. Se vogliono, come dicono, che tutti facciano politica, tutelino il diritto dei poveri e non solo dei ricchi a fare politica. Ma per questo occorre una grande conversione intellettuale, disconoscendo il ventennale, capillare lavoro di chi per vent'anni ha spiegato agli italiani che la casta sono i politici. No. Le vere caste stanno altrove".
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