Renzi festeggia il partito. Non ci saranno gli ex Bersani, Letta ed Epifani e nemmeno Romano Prodi
Dieci anni di gazebo, corse e rincorse elettorali, per arrivare a Palazzo Chigi (quattro volte) o fermarsi magari a un 'governo ombra'. Dieci anni di vittorie "non vittorie", più rari 40,81%, e sonore sconfitte che – dalla Sardegna al referendum sulla Costituzione – costano la poltrona al segretario in carica. Il 14 ottobre di 10 anni fa, con le primarie tra Walter Veltroni, Enrico Letta, Rosy Bindi, Mario Adinolfi, Pier Giorgio Gawronski, Jacopo G. Schettini, nasce il Pd.
Oggi, insieme agli ex segretari rimasti nel partito Walter Veltroni e Dario Franceschini e al premier Gentiloni, Matteo Renzi festeggia i 10 anni del Pd, lanciando il partito "verso una nuova sfida". Non ci saranno gli ex Bersani, Letta ed Epifani e nemmeno Romano Prodi, che ha più volte criticato, arrivando ad allontanare la sua 'tenda' dal partito, la gestione renziana del Pd. Ieri, nella sua enews, Renzi ha scritto: "Il Pd è spesso criticato e contestato. Ma ha un punto di grande forza, che nessun altro dei partiti italiani può vantare: non appartiene a nessuno. Non appartiene a un proprietario, non appartiene a un'azienda, non appartiene a un blog, non appartiene a un leader. È una comunità in cui tutti possono sentirsi a casa e nessuno è padrone".
L'EVENTO A ROMA. "A chi ha anteposto il destino personale al destino del Pd minacciando di andarsene e poi andandosene voglio dire che il Pd appartiene al suo popolo e chi se ne va tradisce se stesso. Basta con i rancori, sentiamoci tutti a casa nostra" Lo ha detto il segretario del Pd Matteo Renzi in occasione del festeggiamento dei 10 anni del partito. "Dobbiamo superare questa fase di discussione con la voglia di costruire il futuro. Non è vero che va tutto male, i prossimi dieci anni saranno fantastici". – "Il nostro avversario si chiama destra. Esiste la destra populista del M5S è una destra ancora più forte, che più mi preoccupa, che è quella che tiene insieme". Lo ha detto il segretario del Pd Matteo Renzi in occasione del festeggiamento dei 10 anni del partito. – "Il nostro avversario si chiama destra. Esiste la destra populista del M5S è una destra ancora più forte, che più mi preoccupa, che è quella che tiene insieme". Infine, Renzi ha precisato: "Ho la presunzione di dire che solo il Pd ha le carte in regola per affrontare gli elettori e vincere con la politica".
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E' intervenuto Walter Veltroni: "Il riformismo può essere maggioranza in questo Paese. il Pd nacque per raccontare una nuova storia al Paese: finalmente ci si unisce e non ci si tirano i piatti alla prima occasione". E ha aggiunto: "Quando l'Italia uscirà dalle coalizioni contro qualcuno o dall'inciucio. L'Italia va governata. Io spero che il Pd faccia le alleanze". Il premier Paolo Gentiloni: "Il progetto del Pd è vivo e lotta insieme a noi. Io dico teniamocelo stretto questo Pd nato 10 anni fa, perché non so come sarebbe sopravvissuto una sinistra di Governo e forse la sinistra se non avesse assunto 10 anni fa se non avesse assunto la forma del Pd. Non sono stati 10 anni facili. A tratti qualcuno si è sentito in una casa occupata da un manipolo di estranei ma questa è acqua passata e tutti dovrebbero lasciarsi alle spalle le discussioni del passato",
DALL'ORIGINE A OGGI. Nel 2007 non ci sono ancora i dibattiti Pd pre-gazebo, ma 3,5 milioni di elettori incoronano Veltroni primo segretario dem con il 75,8% dei consensi: "Fare un'Italia, nuova. E' questa la ragione, la missione del Pd", scandisce, lanciando la scommessa di una "vocazione maggioritaria" e provando a lasciare ai libri di storia le ideologie e le divisioni del '900. Dalla sede nazionale di piazza Sant'Anastasia, vicino al Circo Massimo, il Pd sostiene il secondo Governo Prodi. Nel 2008 arriva la prima sconfitta alle Politiche contro il Popolo della Libertà di Silvio Berlusconi, ma è l'anno successivo – con la sconfitta di Renato Soru in Sardegna – che Veltroni decide di fare un passo indietro.
L'assemblea nazionale elegge Dario Franceschini quale secondo segretario dem. Le elezioni europee registrano un nuovo calo e si fissa per l'11 ottobre il nuovo congresso. A sfidare Franceschini sono Pier Luigi Bersani e Ignazio Marino. Anche in questo caso i partecipanti alle primarie sono oltre 3 milioni e scelgono Bersani. La sua 'ditta' rimane in piedi per 4 anni anche se nel Pd si assiste alla prima 'scissione': vanno via Francesco Rutelli e altri esponenti dem, critici nei confronti di un partito a loro dire "mai nato".
Bersani assiste alla caduta del Governo Berlusconi e decide – di concerto con Giorgio Napolitano – di non andare a elezioni e sostenere l'esecutivo guidato da Mario Monti, anche se non tutto il partito è con lui. Le elezioni arrivano nel 2013. Il segretario Pd decide di aprire le primarie della coalizione di centrosinistra 'Italia Bene Comune', oltre al leader di Sel Nichi Vendola e a Bruno Tabacci, anche a candidati appartenenti al Pd. È in questa occasione che fa il suo primo tentativo di scalata al partito il sindaco di Firenze Matteo Renzi, che scende in campo con l'intento dichiarato di "rottamare" i dirigenti dem della vecchia guardia. Ai nastri di partenza c'è anche la consigliera regionale veneta Laura Puppato. Il primo turno manda al ballottaggio Bersani e Renzi, ma alla fine è il segretario in carica a trionfare ottenendo il 60,9% dei voti: sarà il candidato premier del centrosinistra alle elezioni. I sondaggi danno 'Italia bene comune' in netto vantaggio, Bersani pensa di poter riuscire una volta per tutte a "smacchiare il giaguaro" Berlusconi, mentre i suoi ribattezzano come palazzo 'Pigi' la sede del Governo.
Le urne dicono però un'altra cosa. Sia alla Camera che al Senato il Pd è il primo partito, ma a Palazzo Madama la coalizione del centrosinistra non ha la maggioranza. Nel complesso i dem perdono quasi 4 milioni di voti rispetto alle precedenti politiche del 2008. I malumori dentro il partito cominciano a crescere e raggiungono l'apice quando Bersani prova il tentativo disperato di formare un Governo insieme al neonato M5S, che ha raccolto un sacco di consenso. Le regole dei pentastellati dell'inizio prevedono la diretta streaming del confronto tra il segretario dm e i capigruppo M5S, che però non intendono 'mischiarsi' agli altri partiti. Il 19 aprile 2013, dopo la mancata elezione di Franco Marini e Romano Prodi a presidente della Repubblica, nonostante la loro scelta come candidati ufficiali del partito, Bersani fa un passo indietro. Al Colle il Parlamento rimanda Giorgio Napolitano, che affida l'incarico di formare il governo a Enrico Letta, vicesegretario dem. Letta costruisce una maggioranza formata dal Pd, dal PdL e da Scelta Civica.
Intanto alla guida del Nazareno l'assemblea, in attesa della convocazione del nuovo congresso, elegge Guglielmo Epifani. Le nuove primarie si svolgono l'8 dicembre. Ai nastri di partenza, questa volta super favorito, c'è di nuovo Matteo Renzi. A sfidarlo Giuseppe Civati, Gianni Cuperlo e Gianni Pittella. Il sindaco di Firenze diventa segretario con il 67,55% dei voti. Il rapporto con Enrico Letta non decolla, fino a quando, all'indomani dell'ormai celebre tweet #Enricostaisereno una mozione del segretario nella Direzione nazionale del partito sfiducia il premier. Letta si dimette il giorno dopo e Renzi riceve l'incarico da Napolitano. La squadra del rottamatore è composta da ministri del Nuovo Centrodestra di Angelino Alfano a di Scelta Civica.
Renzi parte forte, portando a casa Sardegna, Piemonte e Abruzzo e raggiungendo la soglia record del 40,81% dei consensi alle Europee. Le riforme varate, però, a partire da quella del lavoro, creano i primi maldipancia. Civati lascia il Pd. Con la riforma costituzionale e l'Italicum arrivano altre defezioni. I sondaggi, prima favorevoli al premier, si complicano con l'avvicinarsi del referendum. Il 4 dicembre i 'No' vincono con uno schiacciante 60% e Renzi, come aveva annunciato, si dimette da palazzo Chigi. Al suo posto alla guida del Governo arriva Paolo Gentiloni, mentre rimane praticamente invariata la squadra dei ministri. La minoranza interna, però, chiede la testa del segretario e che venga proclamato il congresso. Il 19 febbraio, dopo mesi di polemiche, Renzi si dimette e dà avvio alla fase congressuale, ma lo strappo ormai è segnato: Pier Luigi Bersani, Enrico Rossi e Roberto Speranza, escono dal Pd e fondano Articolo 1 – Movimento democratico e progressista. Il 30 aprile l'ex premier vince le primarie con il 69,17% dei voti battendo Andrea Orlando e Michele Emiliano.
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