Salta l'accordo al Ministero dell'Interno. L'Ong sanitaria rispetterà le regole già condivise. Ok da Save the Children
Medici senza Frontiere non firma il codice di condotta delle ong preparato dal Viminale. Lo ha annunciato Gabriele Eminente, direttore generale dell'organizzazione, al termine dell'incontro al ministero. "Riconosciamo l'approccio costruttivo da parte del ministro, i passi in avanti rispetto alla volta scorsa – ha spiegato ai cronisti – ma abbiamo comunicato che non firmeremo questo codice di condotta, saranno comunque rispettati quei punti già condivisi dalla nostra organizzazione". Secondo quanto si apprende, alla riunione di oggi erano presenti Save the Children, che avrebbe firmato il codice, e l'organizzazione tedesca Jugend Rettet, che non avrebbe firmato.
"Gran parte dei punti del codice di condotta indicano cose che già facciamo – ha spiegato Valerio Neri di Save The Children – e ci sono stati chiarimenti su un paio di punti che ci preoccupavano, quindi non abbiamo avuto problemi a firmare. Mi dispiace che altre ong non ci abbiano seguito, ma evidentemente avevano altre sensibilità".
Il Codice, una sorta di decalogo, è stato discusso a lungo nelle scorse settimane e il governo ha provato fino all'ultimo una mediazione che permettesse l'accordo. I temi più delicati riguardano la presenza della Polizia giudiziaria a bordo delle navi che le Ong non vogliono perché minerebbe il loro "staus" di assoluta indipendenza nei confronti dei governi e il divieto del trasbordo dei migranti salvati, questione che rischia di intralciare le manovre di salvataggio stesse.
"L'aver rifiutato l'accettazione e la firma pone quelle organizzazioni non governative fuori dal sistema organizzato per il salvataggio in mare, con tutte le conseguenze del caso concreto che potranno determinarsi a partire dalla sicurezza delle imbarcazioni stesse. In una condizione diversa, saranno invece parte integrante le Ong che hanno sottoscritto il Codice", avverte il Viminale dopo l'incontro di oggi. "In conclusione – si legge nella nota – è stato fatto presente che l'adesione avrebbe consentito di essere parte di un sistema istituzionale finalizzato al soccorso in mare, all'accoglienza e alla lotta al traffico degli esseri umani, senza in nessun modo interferire nei principi fondanti le singole organizzazioni".
Codice di condotta per le Ong impegnate nelle operazioni di salvataggio in mare
La pressione migratoria nei confronti dell’Italia non accenna a diminuire ed anzi risulta ancora più imponente rispetto allo scorso anno, così come riconosciuto dalle Istituzioni dell’Unione europea e dai suoi Stati membri. In questo quadro, la tutela della vita umana e dei diritti delle persone è l’obiettivo principale delle Autorità italiane nel soccorso in mare dei migranti, nel pieno rispetto delle convenzioni internazionali e, tuttavia, il salvataggio non può essere disgiunto da un percorso di accoglienza sostenibile e condiviso con gli altri Stati membri, conformemente al principio di solidarietà di cui dall’art. 80 Tfue.
Le Autorità italiane e le firmatarie ONG che svolgono attività SAR, condividono, pertanto, l’esigenza di prevedere una specifica regolamentazione dei complessi interventi di soccorso nel Mar Mediterraneo, in osservanza del presente Codice di condotta, anche a salvaguardia della sicurezza dei migranti e degli operatori. Le ONG firmatarie s’impegnano, quindi, al rispetto delle prescrizioni di seguito indicate, così come condivise anche a livello di Unione europea.
Divieto assoluto di ingresso delle ONG nelle acque libiche: al riguardo il riferimento va fatto alle acque territoriali libiche ove si può giungere solo in caso di evidente situazione di pericolo della vita umana in mare;
Obbligo di non spegnere i trasponder di bordo;
Obbligo di non effettuare comunicazioni telefoniche o segnalazioni luminose per agevolare la partenza e l’imbarco di natanti di migranti: con l’evidente intento di non facilitare il contatto con i trafficanti.
Obbligo di non effettuare trasbordi su altre navi, italiane o appartenenti a dispositivi internazionali, salvo una conclamata situazione di emergenza: le imbarcazioni delle ong, dopo aver effettuato l’eventuale soccorso, dovranno completare l’operazione conducendo gli stessi nel porto sicuro.
Obbligo di non ostacolare le operazioni di search & rescue della Guardia Costiera libica: con l’evidente intento di lasciare il controllo di quelle acque alla responsabilità delle autorità territorialmente preposte.
Obbligo di accogliere a bordo ufficiali di polizia giudiziaria per le indagini collegate al traffico degli esseri umani: consentendo l’accesso a bordo dei propri assetti navali, del personale di polizia che svolgerà le preliminari attività conoscitive e di indagine, anche a seguito di specifiche indicazioni da parte dell’Autorità Giudiziaria.
Obbligo di dichiarare, coerentemente ai principi di trasparenza, le fonti di finanziamento dell’attività di soccorso in mare.
Obbligo di comunicazione dell’avvistamento e del successivo intervento in corso all’MRCC del proprio Stato di bandiera affinchè lo stesso sia informato dell’attività in cui è impegnata l’imbarcazione e possa assumersene la responsabilità anche ai fini della maritime security.
Obbligo di possesso della certificazione attestante l’idoneità tecnica alle attività di soccorso: si tratta della certificazione sia di classe per i servizi speciali secondo i pertinenti regolamenti degli enti riconosciuti (recognized organizations), come richiesta anche alle unità di bandiera italiana, per le navi commerciali e non, dedicate in via non occasionale al servizio di ricerca e soccorso, nonché dei certificati previsti dalla propria legislazione nazionale oltre a quello contemplato dalla maritime security ai sensi dell’ISPS CODE.
Obbligo di leale collaborazione con l’Autorità di Pubblica Sicurezza del luogo di sbarco dei migranti: tale obbligo, si estrinsecherà, a titolo esemplificativo e non esaustivo, in un impegno a fornire – con un anticipo di almeno due ore dall’arrivo in porto i documenti che verranno compilati durante le fasi di soccorso e tragitto verso il porto, dopo avere posto in essere le primarie attività assistenziali, ovvero il “maritime incident report” – documento riassuntivo dell’evento ed il “sanitary incident report” – documento riassuntivo della situazione sanitaria a bordo.
Obbligo di trasmettere tutte le informazioni di interesse info-investigativo alle Autorità di Polizia italiane con contestuale consegna, di iniziativa e su richiesta, di ogni oggetto potenzialmente idoneo a costituire prova o evidenza di fatto illecito.
La mancata sottoscrizione del presente Codice di condotta o il mancato rispetto degli obblighi in esso previsti, potrà comportare il diniego da parte dello Stato italiano dell’autorizzazione all’ingresso nei porti nazionali, fermo restando il rispetto delle convenzioni internazionali vigenti.
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