Accolto anche il ricorso di Fratelli d'Italia a Milano. Intanto Alfano fa dietrofront: Si vota solo domenica
La terza sezione del Consiglio di Stato ha accolto il ricorso presentato dal candidato sindaco per Si-Sel Stefano Fassina contro la sentenza con la quale il Tar del Lazio ha escluso la lista 'Sinistra per Roma-Fassina Sindaco' a suo sostegno dalle prossime elezioni amministrative per il Comune di Roma. Lo si apprende da Arturo Salerni e Pietro Adami, due dei legali delle liste Fassina. Per l'aspirante primo cittadino si riapre quindi a sorpresa la corsa per il Campidoglio.
Venerdì il Tar del Lazio aveva respinto il suo ricorso. Fassina aveva subito annunciato la decisione di appellarsi anche al Consiglio di Stato. Le liste erano state escluse dalla competizione per il Campidoglio dalla commissione elettorale per l'assenza della data su alcuni moduli di entrambe le liste, quella civica e quella di Sinistra Italiana.
Riammessa anche la lista di Fratelli d'Italia a Milano. La lista 'Fratelli d'Italia – Alleanza Nazionale – Giorgia Meloni per Parisi Sindaco' era stata esclusa dalla corsa per il comune meneghino per un errore nella documentazione allegata alle candidature per il consiglio comunale, nelle quali non vi era la parte sull'esclusione dei requisiti di ineleggibilità indicati dalla legge Severino.
DIETROFRONT ALFANO: SI VOTA SOLO DOMENICA. Intanto il ministro dell'Interno, Angelino Alfano, fa un passo indietro sulla proposta annunciata pochi giorni fa di aprire le urne anche lunedì 6 giugno e il 20 giugno per l'eventuale ballottaggio. "Di fronte a polemiche pretestuose e strumentali" ha precisato il titolare del Viminale nel corso del consiglio dei ministri di ieri "sia riguardo i costi sia riguardo a chissà quali strategie occulte che sarebbero state alla base di questa mia iniziativa – valuto opportuno lasciare le cose così come stanno". Nessun decreto quindi in Cdm si voterà quindi solo domenica.
Al tavolo del Cdm il ministro ha infatti spiegato che voleva dare risposta "a una istanza che mi veniva rappresentata da più parti e cioè di ampliare la partecipazione al voto e ridurre i rischi di astensione dalle urne. Esigenza che, tra l'altro, mi era stata rappresentata in prima battuta proprio da quei partiti di opposizione che, in questi giorni, ne hanno poi approfittato per attaccare il Governo su presunte paure presenti e future". E sui costi dell'operazione Alfano non ha mancato di rispondere anche l'ex premier Enrico Letta che oggi alle pagine di Repubblica ha affidato i suoi dubbi sulla manovra definendola costosa. "In più non sarebbe stata di centoventi milioni di euro – ha attaccato Alfano – ma l'incremento sarebbe stato di circa cinque milioni di euro per le amministrative e di circa diciotto per il referendum". Rilievi e perplessità, riferiscono fonti politiche, sarebbe state espresse dallo stesso Quirinale, soprattutto per i due giorni dedicati al referendum.
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