Roma,19 nov. (LaPresse) – La Corte Costituzionale ritiene che “la permanenza in carica di chi sia stato condannato anche in via non definitiva per determinati reati che offendono la pubblica amministrazione può comunque incidere sugli interessi costituzionali”. E’ quanto si legge nella sentenza del 20 ottobre e depositata oggi che giudica “infondato” il ricorso presentato contro la legge. “Se è vero che la condanna non definitiva non autorizza, in virtù dell’articolo 27, secondo comma, della Costituzione – che del resto non è stato richiamato come parametro – a presumere accertata l’esistenza di ‘una situazione di indegnità morale’, è anche vero che la permanenza in carica di chi sia stato condannato anche in via non definitiva per determinati reati che offendono la pubblica amministrazione può comunque incidere sugli interessi costituzionali”, si legge nella sentenza.

La Consulta era stata chiamata a verificare l’applicazione della retroattività della norma che prevede la sospensione dall’incarico per sindaci, assessori, presidenti o consiglieri provinciali condannati con sentenza non definitiva. La questione era stata sollevata dal Tar della Campania in merito al procedimento riguardante il sindaco di Napoli, Luigi de Magistris. Secondo la Corte quindi “la scelta operata dal legislatore nell’esercizio della sua discrezionalità non ha superato i confini di un ragionevole bilanciamento degli interessi costituzionali in gioco”.

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