di Giuseppe G. Colombo

Roma, 21 set. (LaPresse) – Tutte le ipotesi di modifica che circolano sono sotto la lente d’ingrandimento del Governo, ma per arrivare a un disegno compiuto di riforma della legge Fornero sulle pensioni i tempi non appaiono brevissimi. Da una parte il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, che frena sull’ipotesi di nuove norme da inserire già nella legge di stabilità, dall’altra il titolare del dicastero del Lavoro, Giuliano Poletti, che si mostra più possibilista anche se bolla come “fantasiose” alcune novità trapelate nelle ultime ore.

In mezzo ci sono i sindacati, con Cisl e Uil che chiedono di vedere le carte prima di esprimere un giudizio sull’operato del Governo, sottolineando che è necessaria una flessibilità in uscita che non vada però ad avere ricadute troppo pesanti su chi potrebbe lasciare il lavoro prima di aver raggiunto i requisiti necessari. La Cgil è critica: “Più che decidere sulle pensioni il governo sta rimpallando la questione da un ministro all’altro”, dichiara la leader Susanna Camusso, che aggiunge: “Se il tema è il rapporto con l’Europa, lo liquido con una battuta: se si può contrastare l’Europa sul taglio della tassa sulla casa non vedo perchè non sulle pensioni”.

Camusso non risparmia una critica diretta a Padoan quando afferma che “non tutti i mestieri sono uguali e, dunque, non tutti hanno la stessa aspettativa di vita”, rispondendo al criterio al quale starebbe pensando il titolare del dicastero di via XX settembre per la riforma delle pensioni. Due, al momento, i fronti che appaiono perseguibili nelle intenzioni dell’esecutivo: da una parte la cosiddetta ‘opzione donna’: dal 2016 uscita dal lavoro a 62-63 anni con 35 anni di contributi. L’assegno previdenziale, in questo caso, sarebbe pari a circa il 10% per tre anni di anticipo rispetto all’età di vecchiaia. Una misura a cui il Governo starebbe pensando per fronteggiare lo scatto del cosiddetto scalino previsto dalla legge Fornero: dal prossimo anno, infatti, l’età di vecchiaia necessaria per andare in pensione passerà da 63 anni e 9 mesi a 65 anni e 7 mesi. L’altra opzione sul campo è quella ‘uomo’: chi perde il lavoro a pochi anni dall’uscita ha la possibilità di avere l’assegno con tre anni di anticipo rispetto all’età di vecchiaia, pari a 66 anni e 7 mesi dal 2016. In questo caso il taglio dell’assegno non sarebbe legato al ricalcolo contributivo.

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