Torino, 9 lug. (LaPresse) – Nella decisione di oggi, che ha ammesso solo parzialmente il ricorso contro le liste del presidente della Regione Sergio Chiamparino, il Tar ha di fatto ritenuto valida la linea di difesa proposta dal legale di Chiamparino, l’avvocato Vittorio Barosio, tutta imperniata sulla cosiddetta ‘prova di resistenza’, ovvero lo storno delle firme dubbie dal totale di firme depositate. La differenza è risultata sempre superiore ai minimi richiesti, e al Tar è bastato.

E’ andata liscia in tutte le varie circoscrizioni elettorali, tranne che proprio a Torino. Nel capoluogo infatti, la ‘prova di resistenza’ ad escludendum delle firme presunte false, non passa il quorum minimo per la registrazione della lista ‘Pd – Chiamparino presidente’, quindi la ricorrente Tiziana Borgarello potrebbe avviare entro 60 giorni una causa in sede civile per falso. Se dopo tre gradi di giudizio tale causa confermasse la non validità delle liste presentate, gli 8 consiglieri eletti dovrebbero decadere, ma al loro posto subentrerebbero 5 esponenti delle liste collegate a Chiamparino, e solo 3 esponenti dell’opposizione.

La maggioranza di Chiamparino scenderebbe a quel punto da 33 a 30 consiglieri, sui 50 presenti a Palazzo Lascaris. Ciò inoltre accadrebbe solo tra almeno tre anni dopo la conclusione dei tre gradi di giudizio, quindi in coda alla legislatura quinquennale cominciata nel 2014. Fino al 2019 quindi nessun altro scossone in vista per Chiamparino, nel Pd locale è invece già cominciata una resa dei conti, i cui effetti sono attesi già nelle prossime ore. Pende poi come una spada di Damocle, l’inchiesta penale sulla raccolta delle firme, che per ora ha portato ad avere indagate 13 persone.

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