Roma, 4 lug. (LaPresse) – È stata istituita una banca dati di analisi del dna presso il ministero dell’Interno a cui si affianca il laboratorio centrale del dna presso il dipartimento dell’amministrazione penitenziaria del ministero della Giustizia. La decisione segue l’approvazione in via preliminare dello schema del regolamento previsto dalla legge 30 giugno 2009, n. 85, di ratifica del trattato di Prum. L’Italia ha provveduto in tal modo alla ratifica del trattato di Prum, atto che rappresenta un completamento degli accordi di Schengen, che rafforza la cooperazione transfrontaliera nella lotta ai fenomeni del terrorismo, dell’immigrazione clandestina, della criminalità internazionale e transnazionale. “Con questi strumenti l’Italia sarà all’avanguardia nell’uso di tecnologie chiave, sempre più sicure ed affidabili, nella lotta delle forze dell’ordine contro i crimini violenti”, dichiara il ministro della Giustizia Andrea Orlando che ha illustrato il provvedimento in Consiglio dei ministri.
“Offrire alla magistratura e alle forze dell’ordine strumenti avanzanti, funzionanti e rispettosi della tutela delle persone – ha continuato il guardasigilli Andrea Orlando – consentirà non solo di assicurare alla giustizia chi si rende responsabile di reati, ma funzionerà anche da deterrente per i recidivi, che rappresentano larga parte degli autori di reati, determinando così un’opera fondamentale di prevenzione. Il tutto nel pieno rispetto delle norme della privacy”. Gli obiettivi che l’adozione del regolamento consente sono molteplici: la garanzia delle necessarie tutele di privacy e anonimato, la maggiore certezza dei riscontri, la tempestività delle verifiche, il coordinamento di questi aspetti delle attività investigative. Per individuare i responsabili di azioni criminali e fermarli, ma anche per escludere chi non è coinvolto. Non sarà un Grande Fratello genetico, dicono dal Ministero, ma uno strumento fondamentale in tema di innovazione, sicurezza e anche risparmio.
Le prospettive di utilizzo della banca dati del dna sono molteplici, affermano dal Ministero: dalla riapertura di casi irrisolti alla migliore conduzione di indagini in corso, fino ad una più efficace investigazione dei reati a sfondo sessuale, dove le tracce biologiche sono ovviamente fondamentali. Si potrà raccogliere il Dna di autori o presunti autori di reati non colposi, condannati in via definitiva, arrestati in flagranza di reato o sottoposti a fermo, sottoposti a custodia cautelare in carcere o agli arresti domiciliari. Ma sarà possibile anche catalogare materiale genetico di persone scomparse, decedute non identificate o non identificabili. Lo schema di regolamento presentato ha dovuto affrontare delicate tematiche legate alla tutela della privacy e ai temi della bioetica, al rispetto delle migliori regole tecniche nel prelievo e nell’analisi dei campioni. A tal fine sono stati acquisiti del garante per la protezione dei dati personali, con il quale sono stati definiti i tempi di conservazione dei campioni biologici e dei profili inseriti nella banca dati nazionale del dna, e del comitato nazionale per la biosicurezza, le biotecnologie e le scienze della vita.
La stessa creazione di due strutture, banca dati e Laboratorio centrale, presso amministrazioni diverse, è frutto della volontà di mantenere elevato il livello delle garanzie, evitando promiscuità che si potrebbero rivelare pregiudizievoli per la genuinità dei dati raccolti e analizzati, sostiene il Ministero della Giustizia. Vengono in particolare tenuti distinti il luogo di raccolta e confronto dei profili (banca dati nazionale) dal luogo di estrazione degli stessi profili e di conservazione dei relativi campioni biologici, nonché dal luogo di estrazione dei profili provenienti da reperti. A tutela della privacy, i profili ed i relativi campioni non contengono le informazioni che consentono la diretta identificazione del soggetto cui sono riferiti. Per accedere alla banca dati la polizia giudiziaria e la stessa autorità giudiziaria dovranno prima richiedere di effettuare il confronto e, solo se positivo, potranno essere autorizzate a conoscere il nominativo del soggetto cui appartiene il profilo. Sono, infine, specificamente disciplinati i casi di cancellazione del profilo del Dna e di distruzione del relativo campione biologico e posti limiti temporali massimi per la conservazione nella banca dati nazionale del profilo del dna – quarant’anni – e del campione biologico – venti anni.
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